venerdì 3 maggio 2019

Il Caso Papin: legami di sangue.


Christine e Léa Papin
Cosa c’è di più torbido di un’affettività complice e assassina? Le Mans, Francia, 2 febbraio 1933. Questa volta non affronterò, scandaglierò il Serial Killer di turno, abituato a reiterare uno schema prestabilito o evolverlo partendo dal suo primo crimine. Semplicemente vi parlerò di due sorelle assassine, Christine e Léa Papin, di 28 e 21 anni e la loro spietata crudeltà, che appunto non divenne ricorsiva ma limitata ad un ambito, probabilmente dettato da un bisogno di rivalsa, di vendetta per il danno subito e generato nella frustrazione lavorativa. All’epoca del misfatto, risiedevano da almeno 4 anni, in qualità di domestiche, presso una famiglia borghese, ovvero due coniugi di mezza età e la loro figlia. La sera di giovedì 2 febbraio 1933, in seguito all’ennesimo diverbio, causato dalla gestione delle faccende domestiche - nella fattispecie per una probabile interruzione di corrente, causata da Christine dopo aver utilizzato un ferro difettoso - le due ragazze massacrarono in maniera feroce, cruenta, madre e figlia. Léa si accanì sulla signora Lancelin, cercando di strapparle gli occhi come suggeritole da Christine, mentre Christine si scagliò contro Genevieve (la figlia). Le armi usate furono un coltello, un martello, un oggetto pesante in peltro e per gli esperti il massacro durò circa trenta minuti. Intorno alle 18:00/19:00, quando il signor Lancelin fece ritorno a casa, trovò le luci spente, mentre l'unica stanza illuminata rimaneva quella delle due sorelle. La porta d'ingresso era chiusa dall'interno e l'impossibilità di accedervi lo allarmò. Ritenne opportuno raggiungere la stazione di polizia per richiedere l'intervento di un ufficiale, il quale riuscì ad accedere all'interno scavalcando il muretto del giardino. Una volta entrati trovarono i corpi della signor Lancelin e di sua figlia Genevieve. Presentavano diverse pugnalate e colpi eseguiti con un oggetto pesante fino a sfigurarle. Alla madre erano stati strappati gli occhi, poi ritrovati tra le pieghe della sciarpa, che le avvolgeva il collo; mentre uno degli occhi di Genevieve era stato riposto sotto il suo corpo e l'altro fu ritrovato lungo la scale. La facile deduzione fu che anche le sorelle Papin avessero subito lo stesso macabro trattamento. La loro stanza si presentava chiusa dall'interno. Più volte sollecitate ad aprire, non diedero risposta, così si decise di aprire la porta con la forza. Le due sorelle erano vive, entrambe nude nello stesso letto. Accanto a loro, adagiato sulla sedia, un martello insanguinato con ancora ciuffi di pelle e capelli attaccati. Interrogate sull'omicidio, subito confessarono. Il loro crimine sollevò grande clamore, tanto che il processo coinvolse l’intera nazione, la cui curiosità cercò sempre di scorgere nella passività delle due assassine, un cenno di rimorso, una qualche alterazione, forse legata alla demenza, vista l’incapacità di spiegare il loro gesto. Quando poi si decise di separarle, tutto sembrò cambiare. L’efferato delitto e la passività con la quale affrontarono il loro giudizio, portò Christine, in preda all’alterazione psichica, al tentativo di strapparsi gli occhi e, nell’udire la possibilità di morire per decapitazione nella piazza di Le Mans, ad inginocchiarsi di fronte alla corte. La corte nominò tre dottori per valutare lo stato mentale delle sorelle, e giunsero alla conclusione che non fossero affette da disordini mentali patologici e potevano considerarsi sane di mente, quindi idonee ad essere processate. Non tutti ovviamente furono d'accordo su tale conclusione, adducendo che invece le due sorelle fossero affette da "disturbo paranoide condiviso", che si verifica quando un insieme di persone o coppie di persone si isolino dal modo fino alla paranoia, e uno dei due svolga un ruolo dominante, come poteva essere quello di Christine rispetto alla più mansueta Léa. Anche se nella storia della loro famiglia c’erano già stati altri casi legati a probabili disturbi mentali: il suicidio di uno zio, il cugino rinchiuso in un manicomio. L’affettività morbosa che le legava venne considerata da molti come sintomatica di una relazione incestuosa, per altri solo un fortissimo legame, frutto di un disagio ad accomunarle fino all’isolamento. Nell’analisi di un crimine, sempre si è portati a ricercare probabili abusi e retaggi, quindi anche in questo caso, la loro disgraziata infanzia non farà eccezione. Fra le due correvano sette anni di differenza, ed avevano un’altra sorella maggiore, Emilia, che prese i voti dopo l’abuso del padre. Il clima di violenza portato fino all’incesto, portò la madre a separarsi dal padre e le due bambine vennero affidate ad un istituto psichiatrico. Qui, trascorsero i loro anni diffidando di tutto e tutti, rimanendo legate l’una all’altra fino ad una dipendenza morbosa. Raggiunta la maggiore età, lasciarono l’istituto e cominciarono a lavorare come domestiche presso alcune famiglie, fino a quella in cui si svolse il loro efferato crimine. La vessazione messa in atto dai borghesi proprietari di casa e subita dalle due lavoranti, scatenò una grande attenzione da parte degli intellettuali del tempo, come Jean Genet, Jean-Paul Sartre e Jacques Lacan. 

Jean Genet scrisse nel 1946 “Le serve” (Les bonnes), una commedia teatrale, costituita da un unico atto, che appunto trattava in maniera drammatica e tragica dell’evento criminoso, con l’intento di scandagliarne la motivazione psicologica.

«Ci è ignota la storia segreta di quanto accaduto nella mente delle sorelle Papin per giungere al dramma, dato che le uniche notizie sono quelle confuse e frammentarie, fornite da loro stesse [...] La lacuna è colmata da Genet: il quale presenta queste altre sorelle (o quelle stesse?) nella loro vita quotidiana, e nell'alternarsi fra fantasia e realtà, fra gioco del delitto e delitto reale: un alternarsi e un fondersi insieme. Ciò caratterizza la psicosi: il vivere la realtà come gioco e irrealtà, e il sentire come realtà la fantasia e il gioco»
(Les Bonnes di Jean Genet, Centro Studi del T.S.T. (a cura di) - Programma di sala n.6 del Teatro Stabile di Torino, 1980).



Sempre in riferimento a “Le serve”,  Jean-Paul Sartre scrisse:

«... il suo obiettivo era mostrare la femminilità senza femmina, mostrare una irrealizzazione, una falsificazione della femminilità, ...e così radicalizzare l'apparenza. [...] Le caratteristiche femminili dovevano essere solo "apparenza", solo il risultato di una commedia, ... come sogno impossibile di uomini in un mondo privo di donne. (...) Solange e Claire amano Madame, che nel linguaggio di Genet significa che vorrebbero essere Madame e appartenere all'ordine sociale di cui invece sono gli scarti... Ma secondo Genet è proprio dall'immaginazione di Madame che nascono tali scarti: basse, ipocrite, cattive, ingrate perché i loro padroni così le immaginano, esse fanno parte del "popolo pallido e multicolore che vegeta nella coscienza della gente dabbene". Claire nella parte di Madame dirà: "È grazie a me, soltanto a me, che la serva esiste. Grazie ai miei strilli e ai miei gesti".[7] Quando le presenta alla ribalta Genet non fa dapprima che riflettere i loro fantasmi alle donne oneste del pubblico... che non si accorgono di essere state loro stesse a crearle, come i sudisti hanno creato i negri. La sola reazione di quelle creature senza rilievo è che esse, a loro volta, sognano... ed immaginano di diventare il Padrone che le immagina»


Jean-Paul Sartre, Santo Genet, commediante e martire, Il Saggiatore, Milano, 1972, pag. 591


Quello che prepotentemente verrà fuori è la consapevolezza che le serve non siano realmente “serve”, ma rappresentative della classe operaia, di tutti coloro che nella vita quotidiana vengano vessati a causa del loro basso stato sociale, e conseguente emarginazione. Ma una tale condizione sociale, ammorbata dall’esasperazione, può giustificare l’azione criminosa? E’ come se la mente annebbiata dalla frustrazione quotidiana reiterata, conclamasse l’esecrabile, gridando la propria ribellione, la propria libertà, il bisogno di comunicare agli altri di essere, di esistere. Il crimine che diventi frutto del danno subito sembra renderlo più accettabile? Vecchie motivazioni, vecchi danni, vecchie violenze, tutto contribuisce a generare altro male, perché quello che si subisce difficilmente non ritornerà in circolo. Le persone danneggiate sono pericolose, quindi pensateci bene prima di praticare il male, se poi non riuscite a frenare le vostre esecrabili compulsioni, trovate un qualsiasi modo per arrestarvi. In questo limite gioca ancora l’importanza di una coscienza, se ancora l’avete, se l’avete mai avuta, perché in mancanza di essa, le parole giuste e le azioni sensate non sfioreranno minimamente il piacere male.


LA SENTENZA. Christine, inizialmente fu condannata alla ghigliottina, poi commutata in ergastolo. Ciò nonostante, la separazione dalla sorella Lea le procurò un tale dispiacere, capace di portarla all’autodistruzione: spesso rifiutava di mangiare, delirante nello stato di profonda depressione in cui verteva. A tal proposito, si decise di trasferirla in un istituto psichiatrico di Rennes., Il 18 maggio 1937 morì di cachessia. Léa, considerata succube della sorella maggiore, ottenne una condanna di 10 anni; dopo 8 anni, nel 1941 venne liberata e si trasferì a Nantes con la madre. Sotto falsa identità, rocominciò a lavorare come domestica presso un albergo. La sua morte risalirebbe al 1982, anche se per il produttore francese Claude Ventura, nel 2000 era nacora viva e si trovava presso un centro ospedaliero francese, e questo incentiva la sceneggiatura del suo film "En Quête des Soeurs Papin". Un ictus l'avea resa incapace di parlare ed aveva una parziale paresi. Questa donna morì nel 2001.

Seguono alcuni link che potrebbero interessarti e dai quali ho tratto notizie, curiosità e ispirazione. Grazie per essere passato/a.

- Le serve (Les bonnes) è un atto unico di Jean Genet scritto nel 1946. 
- Tribute to The Papin Sisters 
- En Quete des Soeurs Papin[In Search of the Papin Sisters"Papin Sisters and Other Studies in Crime" 
- Dupré, Francis (1984). La solution du passage à l'acte [The Solution of Acting Out] (in French). Paris: Éditions Érès.
- Edwards, Rachel; Reader, Keith (1984). The Papin Sisters. Oxford Studies in Modern European Culture
- Hall, Angus (1991). Crimes of Horror: Sensational Accounts of 25 Monstrous Cases. Treasure Press  
- Houdyer, Paulette (1988). L'Affaire Papin [The Papin Case] (in French). Le Mans: Éditions Cénomane.

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