Christine e Léa Papin |
Cosa
c’è di più torbido di un’affettività complice e assassina? Le
Mans, Francia, 2 febbraio 1933. Questa volta non affronterò,
scandaglierò il Serial Killer di turno, abituato a reiterare uno
schema prestabilito o evolverlo partendo dal suo primo crimine.
Semplicemente vi parlerò di due sorelle assassine, Christine e Léa
Papin, di 28 e 21 anni e la loro spietata crudeltà, che appunto non
divenne ricorsiva ma limitata ad un ambito, probabilmente dettato da
un bisogno di rivalsa, di vendetta per il danno subito e generato
nella frustrazione lavorativa. All’epoca
del misfatto, risiedevano da almeno 4 anni, in qualità di
domestiche, presso una famiglia borghese, ovvero due coniugi di mezza
età e la loro figlia. La sera di giovedì 2 febbraio 1933, in
seguito all’ennesimo diverbio, causato dalla
gestione delle faccende domestiche - nella fattispecie per una
probabile interruzione di corrente, causata da Christine dopo aver
utilizzato un ferro difettoso - le due ragazze massacrarono in
maniera feroce, cruenta, madre e figlia. Léa si accanì sulla
signora Lancelin, cercando di strapparle gli occhi come suggeritole da
Christine, mentre Christine si scagliò contro Genevieve (la figlia).
Le armi usate furono un coltello, un martello, un oggetto pesante in
peltro e per gli esperti il massacro durò circa trenta minuti.
Intorno alle 18:00/19:00, quando il signor Lancelin fece ritorno a
casa, trovò le luci spente, mentre l'unica stanza illuminata
rimaneva quella delle due sorelle. La porta d'ingresso era chiusa
dall'interno e l'impossibilità di accedervi lo allarmò. Ritenne opportuno
raggiungere la stazione di polizia per richiedere l'intervento di un
ufficiale, il quale riuscì ad accedere all'interno scavalcando il
muretto del giardino. Una volta entrati trovarono i corpi della
signor Lancelin e di sua figlia Genevieve. Presentavano diverse
pugnalate e colpi eseguiti con un oggetto pesante fino a sfigurarle.
Alla madre erano stati strappati gli occhi, poi ritrovati tra le
pieghe della sciarpa, che le avvolgeva il collo; mentre uno degli occhi
di Genevieve era stato riposto sotto il suo corpo e l'altro fu ritrovato
lungo la scale. La facile deduzione fu che anche le sorelle Papin
avessero subito lo stesso macabro trattamento. La loro stanza si
presentava chiusa dall'interno. Più volte sollecitate ad aprire, non diedero risposta, così si decise di aprire la
porta con la forza. Le due sorelle erano vive, entrambe nude nello
stesso letto. Accanto a loro, adagiato sulla sedia, un martello
insanguinato con ancora ciuffi di pelle e capelli attaccati.
Interrogate sull'omicidio, subito confessarono. Il loro crimine
sollevò grande clamore, tanto che il processo coinvolse l’intera
nazione, la cui curiosità cercò sempre di scorgere nella passività
delle due assassine, un cenno di rimorso, una qualche alterazione,
forse legata alla demenza, vista l’incapacità di spiegare il loro
gesto. Quando poi si decise di separarle, tutto sembrò cambiare.
L’efferato delitto e la passività con la quale affrontarono il
loro giudizio, portò Christine, in preda all’alterazione psichica,
al tentativo di strapparsi gli occhi e, nell’udire la possibilità
di morire per decapitazione nella piazza di Le Mans, ad
inginocchiarsi di fronte alla corte. La corte nominò tre dottori per
valutare lo stato mentale delle sorelle, e giunsero alla conclusione
che non fossero affette da disordini mentali patologici e potevano
considerarsi sane di mente, quindi idonee ad essere processate. Non
tutti ovviamente furono d'accordo su tale conclusione, adducendo che
invece le due sorelle fossero affette da "disturbo paranoide
condiviso", che si verifica quando un insieme di persone o
coppie di persone si isolino dal modo fino alla paranoia, e uno dei
due svolga un ruolo dominante, come poteva essere quello di
Christine rispetto alla più mansueta Léa. Anche se nella storia
della loro famiglia c’erano già stati altri casi legati a
probabili disturbi mentali: il suicidio di uno zio, il cugino
rinchiuso in un manicomio. L’affettività morbosa che le legava
venne considerata da molti come sintomatica di una relazione
incestuosa, per altri solo un fortissimo legame, frutto di un disagio
ad accomunarle fino all’isolamento. Nell’analisi di un crimine,
sempre si è portati a ricercare probabili abusi e retaggi, quindi
anche in questo caso, la loro disgraziata infanzia non farà
eccezione. Fra le due correvano sette anni di differenza, ed avevano
un’altra sorella maggiore, Emilia, che prese i voti dopo l’abuso
del padre. Il clima di violenza portato fino all’incesto, portò la
madre a separarsi dal padre e le due bambine vennero affidate ad un
istituto psichiatrico. Qui, trascorsero i loro anni diffidando di
tutto e tutti, rimanendo legate l’una all’altra fino ad una
dipendenza morbosa. Raggiunta la maggiore età, lasciarono l’istituto
e cominciarono a lavorare come domestiche presso alcune famiglie, fino a quella in cui si svolse il loro efferato crimine. La vessazione messa in atto dai
borghesi proprietari di casa e subita dalle due lavoranti, scatenò
una grande attenzione da parte degli intellettuali del tempo, come
Jean Genet, Jean-Paul Sartre e Jacques Lacan.
Jean Genet scrisse nel 1946 “Le serve” (Les bonnes), una commedia teatrale, costituita da un unico atto, che appunto trattava in maniera drammatica e tragica dell’evento criminoso, con l’intento di scandagliarne la motivazione psicologica.
Jean Genet scrisse nel 1946 “Le serve” (Les bonnes), una commedia teatrale, costituita da un unico atto, che appunto trattava in maniera drammatica e tragica dell’evento criminoso, con l’intento di scandagliarne la motivazione psicologica.
Sempre
in riferimento a “Le serve”, Jean-Paul Sartre scrisse:
Jean-Paul
Sartre, Santo Genet, commediante e martire, Il Saggiatore,
Milano, 1972, pag. 591
Quello
che prepotentemente verrà fuori è la consapevolezza che le serve
non siano realmente “serve”, ma rappresentative della classe
operaia, di tutti coloro che nella vita quotidiana vengano vessati a
causa del loro
basso stato sociale,
e conseguente emarginazione. Ma una tale condizione sociale,
ammorbata dall’esasperazione, può giustificare l’azione
criminosa? E’ come se la mente annebbiata dalla frustrazione
quotidiana reiterata, conclamasse l’esecrabile, gridando la propria
ribellione, la propria libertà, il bisogno di comunicare agli altri
di essere, di esistere. Il crimine che diventi frutto del danno
subito sembra renderlo più accettabile? Vecchie motivazioni, vecchi
danni, vecchie violenze, tutto contribuisce a generare altro male,
perché quello che si subisce difficilmente non ritornerà in
circolo. Le persone danneggiate sono pericolose, quindi pensateci
bene prima di praticare il male, se poi non riuscite a frenare le
vostre esecrabili compulsioni, trovate un qualsiasi modo per
arrestarvi. In questo limite gioca ancora l’importanza di una
coscienza, se ancora l’avete, se l’avete mai avuta, perché in
mancanza di essa, le parole giuste e le azioni sensate non
sfioreranno minimamente il piacere male.
LA SENTENZA. Christine, inizialmente fu condannata alla ghigliottina,
poi commutata in ergastolo. Ciò nonostante, la separazione dalla
sorella Lea le procurò un tale dispiacere, capace di portarla
all’autodistruzione: spesso rifiutava di mangiare, delirante nello
stato di profonda depressione in cui verteva. A tal proposito, si
decise di trasferirla in un istituto psichiatrico di Rennes., Il 18
maggio 1937 morì di cachessia. Léa, considerata succube della
sorella maggiore, ottenne una condanna di 10 anni; dopo 8 anni, nel
1941 venne liberata e si trasferì a Nantes con la madre. Sotto falsa
identità, rocominciò a lavorare come domestica presso un albergo.
La sua morte risalirebbe al 1982, anche se per il produttore francese Claude Ventura, nel 2000 era nacora viva e si trovava
presso un centro ospedaliero francese, e questo incentiva la
sceneggiatura del suo film "En
Quête des Soeurs Papin". Un
ictus l'avea resa incapace di parlare ed aveva una parziale paresi.
Questa donna morì nel 2001.
- Le serve (Les bonnes) è un atto unico di Jean Genet scritto nel 1946.
- Tribute to The Papin Sisters
- En Quete des Soeurs Papin[In Search of the Papin Sisters"Papin Sisters and Other Studies in Crime"
- Dupré, Francis (1984). La solution du passage à l'acte [The Solution of Acting Out] (in French). Paris: Éditions Érès.
- Edwards, Rachel; Reader, Keith (1984). The Papin Sisters. Oxford Studies in Modern European Culture
- Hall, Angus (1991). Crimes of Horror: Sensational Accounts of 25 Monstrous Cases. Treasure Press
- Houdyer, Paulette (1988). L'Affaire Papin [The Papin Case] (in French). Le Mans: Éditions Cénomane.
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