Ottobre 14, 2018 Maria Rosaria Cofano

In un giorno non precisato di marzo del 1944, l’FBI riuscì a stanare il famigerato “Paul”. Venne fermato a New York e il suo vero nome non era Terry, come sostenuto da Jeannette J. Walser, ma Roger Lewis Gardner, ed in quel periodo era considerato come uno dei criminali più pericolosi in circolazione. Si era avvalso di numerosi pseudonimi, e spacciandosi per un rispettabile e impegnato federale, aveva raggirato molte donne, sposandole senza mai divorziare. Acclarato che fosse un imbroglione e partendo dal presupposto che delle donne coinvolte nelle sue truffe, solo Ora fosse stata trovata morta, si poteva giungere alla possibile - ma da accertare - conseguenza che la vittima, quel dannato giorno, avesse incontrato un truffatore ma probabilmente anche un sadico omicida, e quindi c’era solo da avvalorare se entrambi fossero la stessa persona. Riportato a Los Angeles per i dovuti accertamenti, si ritrovò ad affrontare il processo che lo vide coinvolto con l’accusa di omicidio. Durante il processo, Latona - la sorella di Ora – indossò una Gardenia bianca, ricordando quella stessa Gardenia ritrovata sotto il corpo di Ora. Durante la sua deposizione, affermò di aver avvertito una sensazione negativa, quando l’uomo di nome Paul continuò la serata solo con la sorella, allontanandosi con la sua auto, di cui avrebbe voluto prendere la targa e prima ancora chiedergli elementi più precisi sulla sua identità. Sentiva di non doversi fidare di quello sconosciuto e quello sconosciuto avvertì il suo disappunto, chiedendole il “perché?” di quella sensazione di sfiducia. Senza curarsi del malessere della sorella, Ora si allontanò con lui, sola e con quella maledetta fiducia, col senno di poi, mal riposta. La tattica di difesa attuata dall’avvocato di Gardner, ruotava tutta intorno al famigerato “Paul”, l’uomo conosciuto da Ora in un locale e con il quale si allontanò in macchina, affermando semplicemente che non fossero la stessa persona. I dubbi sollevati da questa possibilità, e la mancanza di prove schiaccianti, portarono la giuria a non raggiungere un verdetto di colpevolezza, limitandosi solo all’accusa di falsa identità, da scontare con tre anni di reclusione Il caso di Ora Murray, come quello di tante altre donne uccise barbaramente negli anni ’40, rimase irrisolto. Alcuni nomi: Estelle Evelyn Carey (1909 Chicago - 2 febbraio 1943 Chicago), Georgette Bauerdorf (May 6, 1924 – October 12, 1944), ElizabethAnn Short (Boston, 29 luglio 1924 – Los Angeles, 15 gennaio 1947). L’accanimento spregevole, esecrabile attuato sui corpi di queste ed altre donne, condurrebbe a pratiche mediche di dissezione, ma anche potrebbero coinvolgere persone preposte alla macellazione di carni; se per la Short le piste furono molteplici, per la Bauerdorf probabilmente si trattava di uno spasimante respinto, ma l’attenzione per il suo omicidio venne subito soffocata dal clamore sollevato dall’omicidio de La Dalia Nera. Anche per Estelle Evelyn Carey c’erano diverse piste, ma bene o male tutte riconducibili all’organizzazione “Chicago Outfit”, ed in cima alla lista un gangster di Chicago, Marshall Caifano (pseudonimo di John Marshall), noto all’ambiente per l’uso della fiamma ossidrica nei suoi omicidi. Non elencherò nei dettagli quanto abbia potuto raccogliere in termini di notizie relative a questi omicidi, che di certo potrai approfondire nel mio Blog in qualsiasi momento. Devo però fare una precisazione. In uno dei miei ultimi Dossier, nella fattispecie quelli relativi alla rubrica denominata “Serial Killer”, in base al modus operandi, ovvero adescamento, omicidio, tortura, mutilazione… mi sono chiesta se questa pratica potesse essere riconducibile ad un nome: Otto Stephen Wilson. Assolutamente non responsabile di tutti gli omicidi citati, visto il lasso temporale in cui agì e quindi venne fermato per l’arresto. Qui trovi il suo approfondimento.
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