Settembre 26, 2018 Maria Rosaria Cofano
➽ Premessa. In questo blog non
troverai mai immagini di vittime mutilate, anche se capiterà di parlarne; se
questo potrebbe in qualche modo urtare, ferire la tua sensibilità, ti consiglio
di non leggere quanto segue. Grazie comunque di essere passato/a.
Lo stesso giorno a Los
Angeles, 15
novembre 1944, due Hotel fatiscenti,
due omicidi. Il primo, scoperto intorno alle ore 14.00, avvenne in una zona
centrale, nel Barclay Hotel al 103 di W. Fourth Street. La vittima era una prostituta, Virgie
Lee Griffin e aveva ventisei anni. A scoprire il corpo fu una cameriera, e
quando la polizia arrivò si trovò di fronte a qualcosa di agghiacciate. Alcune
ricostruzioni collocano il corpo sul letto o a terra, sicuro era che la donna
presentasse un profondo taglio dalla gola alla vagina e le viscere fossero in
vista. L’assassino le aveva tagliato i seni, parte del braccio e della gamba. Accanto
a lei c’erano le armi del delitto: un coltello da macellaio e un rasoio. Poteva considerarsi come una delle scene più cruenti di
tutta la storia del crimine. Chi era stato a compiere un simile delitto? Chi
poteva odiare una donna fino al punto di ridurla in quello stato? L’esame
autoptico avrebbe rivelato che Virgie fosse morta intorno alle 8 del mattino. Del
caso si occuparono i seguenti investigatori: RF McGarry, Stewart Jones e Harry
Hansen, che sarebbe stato uno dei detective della omicidi assegnati all’omicidio
di Elizabeth Short, che avvenne nel 1947. Intorno alle 15:30, alcuni di loro raggiunsero un altro
albergo, il Joyce Hotel, distante pochi isolati da
lì, dove venne ritrovato il corpo di un’altra
donna, sempre una prostituta, orribilmente mutilata. Il suo nome era Lillian
Johnson. Lei presentava un taglio che partiva dalla gola al ginocchio. Su
questo corpo l’assassino non aveva infierito come l’altro, poiché era indubbio
che si trattasse della stessa mano criminale. Vennero ascoltati molti residenti
della zona e le persone presenti nell’albergo al momento dei delitti. Alcuni
sostennero di aver visto un uomo accendersi una sigaretta con i fiammiferi
dell’albergo dove fu trovata morta la Griffin. Parlava
con una donna dai capelli bruni con indosso un vestito rosso molto aderente. In base alla
descrizione, vennero ispezionati altri bar nelle vicinanze, dove si supponeva
adescasse le vittime. Poco lontano dalla seconda scena del crimine, e in base
alla descrizione del sospetto, in un bar, il Red Front Bar, l’agente di polizia
Donlan, individuò l’uomo, mentre sorseggiava un bicchiere di vino e parlava con
una donna, probabilmente la sua prossima vittima. Aveva anche un taglio sulla
mano e accanto a sé una confezione di fiammiferi del Barclay Hotel. L’uomo non
ebbe neanche il tempo di chiedere al poliziotto cosa volesse: l’agente gli mise
subito le manette. Il nome del sospetto era Otto Stephen Wilson, e sarebbe state confermate anche le sue impronte digitali sulla scena del crimine di entrambi
gli omicidi. L'uomo venne arrestato alle 17:30. Al momento
dell’arresto aveva indosso macchie di sangue e un rasoio in tasca. Intorno alle
19:30, dopo una iniziale
reticenza, confessò entrambi gli omicidi, adducendo di non riuscire a
controllare la sua compulsione verso la letterale sete di sangue. Raccontò
anche che la moglie lo avesse lasciato proprio per questo motivo: un giorno,
mentre era nuda, le aveva tagliato i glutei con un rasoio, per poi leccarle le
ferite. Non riusciva più a controllare questo insano desiderio, che in presenza
delle prostitute si era acuito ancora di più, arrivando al parossismo. Ma chi
era Otto Stephen Wilson? Di certo era un uomo attraente e dall’aspetto curato,
dall’aria rassicurante, che invece celava una natura sadica all’inverosimile.
Aveva squartato due donne con una tale semplicità e naturalezza, che uscendo
dalla camera degli orrori, rivolgendosi al personale di servizio, con un
sorriso aveva ricordato loro di non disturbare il sonno della moglie,
fingendosi appunto il marito delle vittime. Era nato a Shelbyville nell'Indiana
e dopo essersi diplomato al liceo nel 1930. decise di arruolarsi nella Marina,
dove vi rimase fino al 1941,
in quanto venne dimesso a seguito delle psicosi sessuali
segnalate dalla moglie alle autorità navali, adducendo anche incontri di natura
omosessuale, a causa proprio degli istinti innaturali che il marito non riusciva
ad arginare. Dopo il congedo dalla Marina, Wilson svolse qualsiasi lavoro umile
a Los Angeles, cercando di tenere lontano l’impulso irrefrenabile di uccidere o
infierire crudelmente sulle donne. Aveva anche contratto la sifilide e la
polizia pensò che l’odio e il bisogno di uccidere le donne ne fossero una
conseguenza. Lui diede degli omicidi una descrizione minuziosa e assolutamente
conforme al modus operandi dell’assassino. Quanto raccontato, portò il Dr J.
Paul De River, Psichiatra Criminale per la polizia di Los Angeles, alla
conclusione che Wilson fosse necrofilo e cannibale, e che le sue manifestazioni
fossero legate al complesso sadomasochista. La crudeltà del suo essere e gli
anni in cui venne ad attuarsi concretamente con gli omicidi, portò la polizia
ad investigare possibili correlazioni tra Wilson ed altri omicidi efferati di
donne, rimasti irrisolti e avvenuti in quel periodo a Los Angeles, per esempio quello di Georgette Bauerdorf. Le prove raccolte non coincidevano, non collegavano in
maniera inconfutabile Wilson agli altri delitti, che quindi rimasero irrisolti. Il 20 settembre
1946 venne condannato alla camera a gas nella prigione di San Quintino in California.
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