Georgette Bauerdorf - un'ereditiera alla Mensa di Hollywood


Georgette Bauerdorf

Settembre 2, 2018   Maria Rosaria Cofano

Agli appassionati del caso de La Dalia Nera, non sarà sfuggito un nome, quello di Georgette Bauerdorf; anche lei barbaramente uccisa e con alcune apparenti similitudini riconducibili all’omicidio di  Elizabeth Short, ma passata in secondo ordine rispetto al grande clamore investigativo, giornalistico, letterario suscitato dall’orribile delitto di quest’ultima. Entrambi rimangono casi irrisolti avvenuti a Los Angeles, nonostante sulla scena del crimine di Georgette siano state rinvenute diverse prove e impronte digitali;  ma procediamo con ordine. La Bauerdorf, nata il 6 maggio 1924 a New York, era la seconda figlia di George Bauerdorf, un petroliere di Elko, Nevada. Fu educata in un convento, prima di essere trasferita alla Westlake School for Girls, una scuola esclusiva in cui erano anche passati studenti divenuti famosi nel mondo dello spettacolo, come Myrna Loy e Shirley Temple. Anche lei, come Elizabeth Short, aveva velleità artistiche, le sarebbe piaciuto diventare un’attrice, così decise di trasferirsi a Hollywood, dove prese un appartamento di lusso in un elegante complesso di appartamenti chiamato El Palacio, di fronte a Fountain Avenue, un luogo che ospitava soprattutto inquilini di spicco dell’industria cinematografica. Nel suo stesso condominio viveva anche Virginia Weidler, attrice statunitense che aveva esordito da bambina, lavorando in almeno 40 pellicole, tra il 1931 e il 1943. Georgette lavorava per il Los Angeles Times, ma nel tempo libero si offrì volontaria alla Hollywood Canteen (la mensa di Hollywood), come hostess e ballerina. Era un ritrovo di Los Angeles, dove veniva offerto dell’intrattenimento ai militari, anche noto per le numerose stelle del cinema che vi passavano. Il giorno prima del suo omicidio, incassò un assegno di $ 175 e disse agli amici che avrebbe preso un aereo per raggiungere il suo fidanzato soldato a El Paso, in Texas. Le autorità di Fort Bliss identificarono l’uomo che la ragazza avrebbe dovuto incontrare il giorno prima della sua morte, si chiamava Jerome M. Brown, ed era un tirocinante di artiglieria antiaerea di Chicago. Lui sostenne di averla incontrata alla Hollywood Canteen, il 13 giugno, per poi lasciare la California dopo pochi giorni e quindi fare ritorno a El Paso. Quanto affermato dal ragazzo trovò corrispondenza; mostrò anche le sei lettere ricevute da Georgette e dimostrò di trovarsi a Camp Callan, in California, quando la ragazza fu uccisa. La mattina del 12 ottobre, Georgette pranzò con la signora Rose L. Gilbert, una segretaria di suo padre. Poi acquistarono qualcosa in alcuni negozi e la Gilbert riferì alle autorità che quel giorno la Bauerdorf fosse felice. Verso le 23.30 circa, lasciò la Hollywood Canteen e nell’arco delle tre ore successive venne uccisa. C’è chi sostenga che a fare la macabra scoperta sia stata la moglie del direttore ed altri che invece sia stato il personale addetto alle camere. Il mattino seguente la porta risultava completamente aperta. La ragazza era in bagno, seminuda, precisamente nella vasca, a faccia in giù, con indosso solo la parte superiore del pigiama. Una quantità esigua di acqua calda continuava ad uscire dal rubinetto e la vasca ne era quasi del tutto satura. Alta era la possibilità che l’assassino la stesse aspettando: nell’ingresso esterno alla camera, una luce posta a due metri dal pavimento era stata svitata. A quell’altezza, l’assassino, poteva arrivarci con l’ausilio di una sedia o se fosse stato di statura molto alta. Proprio sulla lampadina vennero trovate delle impronte digitali.  

“Whoever it was had set the stage for this horrible crime and was lying in wait for her,” said Sheriff’s Inspector, William J Penprase. 

Era stata brutalmente picchiata. Il suo corpo si presentava pieno di lividi dalla testa all’addome, e la presa del suo carnefice era stata talmente forte che molte impronte digitali le rimasero addosso. Lei aveva lottato; si era difesa per evitare di essere uccisa, ma lui non demorse, violentandola e strangolandola fino alla morte. Presentava anche un panno pulito inserito a forza in bocca, di certo per evitare che la ragazza gridasse. Lei avrà chiesto pietà, ma lui non ne aveva e non sapeva che i pavimenti e le pareti degli appartamenti di quel complesso fossero insonorizzati. Chi era quell’uomo? Aveva per caso la chiave dell’appartamento? Forse la spiava da tempo? Sì, qualcuno riferì che Georgette potesse aver attirato la sua morbosa attenzione, perché era solita cambiarsi con le tende aperte. Uno dei moventi possibili poteva essere una rapina finita male, ma dalla stanza della ragazza non mancavano i suoi gioielli e neanche altri oggetti di valore, però, l’assassino aveva preso dei soldi dal suo portafogli, forse un modo per depistare la sua reale identità. Era quello un posto frequentato e abitato da gente facoltosa, e in quel modo pensava di spostare l’attenzione verso il solito disperato topo d’appartamento o personale addetto alle camere, visto che quando scoprirono il corpo, non era passato tanto tempo dalla sua presenza sulla scena del crimine. Anche la teoria che ad ucciderla fosse stato un militare o un marinaio, incontrato alla Hollywood Canteen, non trovò riscontro. Poteva succedere che le ragazze, compresa Georgette, respingessero l’insistenza di alcuni militari e forse l’ennesimo rifiuto può aver innescato un desiderio di rivalsa e violenza; così vennero ascoltati e interrogati diversi militari, che si erano mostrati particolarmente insistenti con la ragazza. Tutti dimostrarono di avere un alibi attendibile. Uno dei vicini affermò di aver udito intorno alle le 2:30 le urla di una donna, che supplicava:

 "Fermati, fermati, mi stai uccidendo" 

… ma che pensò trattarsi di una lite familiare, e per questo non gli diede più di tanto peso. Secondo Rose Gilbert, l’assistente di suo padre, era improbabile che la Bauerdorf si intrattenesse da sola con degli amici o che chiedesse a degli uomini di fermarsi a dormire, poiché la sua educazione conventuale e poi la scuola femminile in California le avevano inculcato idee estremamente rigorose in tal senso. La sua auto (una coupé Oldsmobile del 1936, registrata a nome di sua sorella) però, non era più nel suo garage, probabilmente rubata dall’assassino… e sapete dove fu trovata? Abbandonata sulla East 25th St., appena fuori San Pedro Street, a Los Angeles, nei pressi del luogo dove fu ritrovato, tre anni dopo, il corpo mutilato di Elizabeth Short (The Black Dahlia). Questo portò a facili deduzioni, possibili analogie tra i due omicidi, tutto presumibilmente avvalorato dalla possibilità che le due ragazze si fossero incontrate alla Hollywood Canteen. Lo scrittore John Gilmore, nel suo libro Severed, riporterà l’intervista fatta ad un criminale alcolizzato:  Jack Anderson Wilson, un altro possibile assassino della Elizabeth Short. Per Gilmore, Wilson conosceva la ragazza ed era anche coinvolto nell'assassinio di Georgette Bauerdorf. Secondo le fonti dello scrittore, Elizabeth e Georgette si conoscevano, in quanto entrambe lavoravano come hostess nello stesso nightclub. Cerchiamo di fare chiarezza su questa possibilità: la Bauerdorf fu uccisa nel 1944. Il 22 novembre 1945 la Hollywood Canteen venne chiusa.  Elizabeth Short si trasferì nel sud della California nel 1946 e poi a Long Beach nel mese di Luglio. Non risultava volontaria presso la Hollywood Canteen, e non c’erano prove inconfutabili che le due ragazze si fossero incontrate e conosciute alla Mensa di Hollywood. Entrambe erano rimaste vittime di un crimine irrisolto, dove all’uccisione violenta, brutale, aveva fatto seguito un’indagine che ha subito considerato la possibilità che tra fidanzati, amanti e conoscenti ci fosse la mano dell’assassino. Pista fallimentare per entrambe, poiché tutti saranno cancellati dalla lista dei sospetti, grazie ad alibi attendibili… e intanto la confusione aumentava, con la paura di sapere il mostro ancora a piede libero. La stampa racconterà la frustrazione dei migliori investigatori, incapaci di venirne a capo. La fantasia galoppante su possibili scenari e moventi, tra false confessioni e telefonate anonime. L’arco narrativo del loro caso irrisolto indubbiamente presenta delle analogie, come del resto potrebbe averle  con qualsiasi caso irrisolto, ma non il crimine in sé. Il modus operandi dell’assassino è diverso: 

  • Georgette Bauerdorf era di carnagione bianca; non era sposata, ma il giorno prima della sua morte – come precedentemente descritto – riscosse un assegno in previsione di un viaggio, quello che l’avrebbe condotta dal suo fidanzato soldato a El Paso, in Texas. E’ stata uccisa all’età di 20 anni, strangolata, con un pezzo di tessuto. Fu violentata e picchiata violentemente. Quando il corpo fu rinvenuto, non era del tutto nudo, se non nella parte inferiore; in quella superiore indossava ancora il pigiama. Non presentava mutilazioni o smembramenti. La colluttazione doveva essere iniziata nella camera da letto, ma la scena del crimine era il bagno del suo appartamento che l’assassino aveva tentato di ripulire dal sangue. Il Killer rubò solo i soldi dal suo portafogli - lasciando i gioielli - e l'auto, che poi abbandonerà vicino al luogo dove tre anni dopo sarà ritrovato il corpo di Elizabeth Short. Sulla scena del crimine di Georgette, compreso il suo corpo, e nell’auto vennero ritrovate diverse impronte digitali.

  • Elizabeth Short era di carnagione bianca; non era sposata, di certo aveva avuto diverse frequentazioni maschili. Quando fu uccisa aveva 22 anni. Il corpo si presentata nudo e diviso in due parti, dalla vita in giù. Era stata violentata e torturata con scariche elettriche. Mutilata e smembrata. Le avevano tinto di rosso i capelli. In volto aveva un profondo taglio che partiva da un orecchio per finire all’altro, secondo una mutilazione denominata Glasgow smile. Il 15 gennaio del 1947, intorno alle 10 del mattino, in un quartiere meridionale di Los Angeles, il Leimert Park, c’era un terreno non edificato sul lato ovest del South Norton Avenue, tra Coliseum Street e la West 39th Street, lì venne ritrovato il corpo di Elizabeth. Non c’erano tracce di sangue. Era stata accuratamente lavata, dunque quella non era la scena primaria del crimine. L’assassino chiamerà il quotidiano di Los Angeles e poi spedirà alcuni effetti personali di Elizabeth ai giornali. Furono rinvenute delle impronte di pneumatici della macchina che l’assassino usò per disfarsi del corpo.


Ormai sono passati 74 anni dalla morte di Georgette Bauerdorf, è stato anche ampiamente scoperto ed applicato il test del DNA, ma il suo omicidio rimane irrisolto.


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