sabato 8 settembre 2018

Gertrude Evelyn Landon: crimine e sospetti.

Gertrude Evelyn Landon
Settembre 8, 2018   Maria Rosaria Cofano

Che cosa passa nella testa di un assassino prima di uccidere? Un quesito che di certo non si poneva Theodore P. Walther, un operaio di 33 anni, che la Domenica del 15 luglio 1946, mentre lavorava nel cantiere navale di Wilmington, come addetto alla discarica di una enorme cava di ghiaia, nello smaltire la spazzatura trovò il corpo di una donna, con indosso solo reggiseno, mutandine e scarpe; mentre al dito aveva un costoso anello di fidanzamento, uno di nozze e una collana. Sul posto arrivò la polizia. Il caso fu affidato al capitano J. Gordon Bowers del dipartimento dello sceriffo, che attraverso le impronte digitali, associate alle denunce di scomparsa, risalì al nome della sconosciuta: Gertrude Evelyn Landon, 36 anni, scomparsa dal suo domicilio, al 9635 di S. Hoover Street a Los Angeles, il mercoledì 10 luglio. Era questo un altro omicidio avvenuto qualche mese prima di quello di Elizabeth Short, e quindi dimenticato, fagocitato dall’attenzione, il clamore sollevati dal caso de La Dalia Nera. Per alcuni, entrambi gli omicidi, erano opera della stessa mano omicida. Il marito, Kenneth Landon, che era un operatore della stazione di servizio, venne subito eliminato dalla lista dei sospetti: di sicuro per quel giorno aveva un alibi attendibile. Riferì che la moglie, prima di uscire di casa, gli disse di dover spedire una lettera e quindi di non avervi più fatto ritorno. Subito decise di denunciarne la scomparsa alla polizia. La morte era avvenuta per strangolamento e non era stata violentata, ma il fatto che non fossero stati trovati i suoi vestiti, portò alla facile deduzione che il luogo in cui fu ritrovata non fosse la scena primaria del crimine: era stata uccisa da un’altra parte, e poi scaricata alla cava di ghiaia. Il movente non poteva essere la rapina, se aveva ancora indosso tutti i suoi gioielli, però la sua auto, una berlina di Plymouth del 1933, fu ritrovata il 18 luglio, all'angolo tra Menlo Street e Slauson Avenue, a sud dell'Exposition Park, nel sud di Los Angeles. Come Elizabeth Short, era stata uccisa da un’altra parte, e scaricata in un posto isolato; appunto non aveva subito violenza, mentre la Short venne torturata, violentata e bisecata. Gertrude aveva 36 anni quando fu uccisa, mentre Elizabeth ne aveva 22. Entrambe di carnagione bianca. Le frequentazioni e le velleità artistiche di Elizabeth Short probabilmente erano lontane da quelle di Gertrude, che era sposata con Kenneth Landon e conduceva una vita familiare. Mi chiedo che fine abbia mai fatto la sua lettera, se sia mai arrivata a destinazione. Forse era solo una scusa per incontrare qualcuno, il suo assassino, che l’aveva scaricata tra la spazzatura come se quello fosse il suo posto. Un uomo deluso dal suo comportamento poteva arrivare a tanto? Accecato dalla gelosia o solo mosso dal desiderio insano del piacere provato nell’ucciderla? Domande che non troveranno mai risposte, perché il suo caso, come quello di Elizabeth Short, Estelle Carey, Georgette Bauerdorf, Jeanne French, Rosenda Mondragon, Laura Trelstad, Louise Springer, Mimi Boomhower, Gladys Kern, Jean Spangler ed altre donne barbaramente uccise negli anni '40, quelli del dopoguerra, rimarranno delitti irrisolti. Ieri, come oggi, si è portati a pensare che la prima causa di una sparizione sia da ricercare nel nucleo familiare della vittima, quindi mariti, ex fidanzati, amanti. Alta però era la possibilità che molte di queste donne siano state adescate o aggredite da persone sconosciute o appena conosciute. Le strade erano piene di gente provata e cambiata dalla guerra fino al patologico. Le investigazioni sommarie, le presunte piste disilluse, insabbiamenti e corruzione, l’aumento dei delitti irrisolti e dei crimini perpetrati non faceva altro che riflettere l’incapacità delle forze dell’ordine e dei tribunali dell’epoca. Il metodo investigativo doveva ancora conformarsi alla nuova realtà creata dal dopoguerra. Erano anni in cui nascondersi fosse più facile di oggi che siamo spiati, monitorati a vista, schiavi della tecnologia, anche se questo non diminuisce la contemporaneità dei casi di omicidio. Possiamo  anche contare sul test del DNA, analisi autoptiche più dettagliate, strumentazioni all'avanguardia, profiler specializzati. La stampa dell’epoca sottolineò tale inefficacia, facendosi anche specchio della paura generalizzata, dovuta alla mancanza di un colpevole o più colpevoli mai acciuffati. Sono stati casi che hanno creato grosse speculazioni da parte di persone, che paventavano di conoscere la verità; basti guardare i crime story pubblicati su La Dalia Nera, dove le cospirazioni si sprecano nell’attesa che qualcuno parli, e invece… niente, il buio totale. Poi ci sono state le saghe dei gangster locali, che hanno letteralmente offuscato, distratto, carpito l’attenzione della giustizia, appunto impegnata nella risoluzione di altre spinose questioni… il crimine verrà dimenticato per un altro crimine, e tutto ricomincia. Ma chi poteva essere il suo assassino? Come ho scritto all’inizio, alcune letture affermano che Gertrude Evelyn Landon ed Elizabeth Short vennero uccise dalla stessa persona, ovvero: George Knowlton. E’ quanto sosterrà Janice Knowlton, intorno agli anni ’90. I ricordi, i particolari degli omicidi sarebbero affiorati grazie ad un percorso terapeutico, per il superamento di eventi traumatici legati alla sua infanzia, ma per questo considerati non attendibili ai fini investigativi. A questo farà seguito l’ennesimo libro sul caso, nel 1995, dal titolo “Daddy Was the Black Dahlia Killer”, scritto a due mani con Michael Newton, già attivo in molte inchieste a sfondo criminale. La tematica è prevedibile: il padre, George Knowlton, aveva una relazione con la Short, che aveva vissuto per un periodo con loro, stabilendosi nel garage, dove poi avrebbe abortito in grande sofferenza. Va fatta una precisazione: in realtà, la polizia di Los Angeles scoprì che la Short  non avesse mai lavorato come squillo, e dall’autopsia si evinse che fosse affetta da gravi malformazioni vaginali, quindi impossibilitata a procreare. Janice Knowlton rivelò di come fu costretta dal padre a rendersi complice dell’occultamento del cadavere della Short, e di averlo anche aiutato a scaricare il corpo di Gertrude Evelyn Landon nella cava di ghiaia a Rolling Hills Estates. Nelle sue dichiarazioni coinvolse anche persone come Edward Davis, futuro capo della polizia di Los Angeles, nonché futuro politico californiano, e Buron Fitts, procuratore distrettuale di Los Angeles, che riteneva essere coinvolti nell'omicidio; arrivando a questa conclusione dopo le indagini avviate nei confronti del padre, di cui venne a conoscenza attraverso una fonte: un ex-collaboratore dello sceriffo di Los Angeles. Non esiste però una prova o un documento ufficiale, che acclarino l’indagine avviata nei confronti del padre. Tutto si ridusse a un grosso polverone, che la portò ad essere molto conosciuta in spazi virtuali, dove si parlava del caso de La Dalia Nera. Accuserà e coinvolgerà tanti personaggi, ritenuti implicati nella vicenda, paventando in maniera ossessiva oggettive cospirazioni ed insabbiamenti. Janice Knowlton si suicidò nel 2004 con un'overdose di farmaci, che le vennero regolarmente prescritti. L'assassino di Gertrude Evelyn Landon non venne mai catturatato e il suo rimane un caso irrisolto.

  • Se vuoi approfondire il caso de La Dalia Nera clicca qui 

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