Agli appassionati del caso de La
Dalia Nera, non sarà sfuggito un nome,
quello di Georgette
Bauerdorf; anche lei barbaramente uccisa e con alcune apparenti similitudini
riconducibili all’omicidio di Elizabeth
Short, ma passata in secondo ordine rispetto al grande clamore investigativo,
giornalistico, letterario suscitato dall’orribile delitto di quest’ultima.
Entrambi rimangono casi irrisolti avvenuti a Los Angeles, nonostante sulla
scena del crimine di Georgette siano state rinvenute diverse prove e impronte
digitali; ma procediamo con ordine. La Bauerdorf, nata il 6 maggio 1924 a New York, era la
seconda figlia di George Bauerdorf, un petroliere di Elko, Nevada. Fu educata in un convento, prima di
essere trasferita alla Westlake School for Girls, una scuola
esclusiva in cui erano anche passati studenti divenuti famosi nel mondo dello
spettacolo, come Myrna Loy e Shirley Temple. Anche lei, come Elizabeth Short,
aveva velleità artistiche, le sarebbe piaciuto diventare un’attrice, così
decise di trasferirsi a Hollywood, dove prese un appartamento di lusso in un elegante
complesso di appartamenti chiamato El Palacio, di fronte a Fountain Avenue,
un luogo che ospitava soprattutto inquilini di spicco dell’industria cinematografica.
Nel suo stesso condominio viveva anche Virginia Weidler, attrice statunitense
che aveva esordito da bambina, lavorando in almeno 40 pellicole, tra il 1931 e
il 1943. Georgette
lavorava per il Los Angeles Times, ma nel tempo libero si offrì volontaria alla
Hollywood Canteen (la mensa di Hollywood), come hostess e ballerina. Era un
ritrovo di Los Angeles, dove veniva offerto dell’intrattenimento ai militari,
anche noto per le numerose stelle del cinema che vi passavano. Il giorno prima
del suo omicidio, incassò un assegno di $ 175 e disse agli amici che avrebbe preso un aereo
per raggiungere il suo fidanzato soldato a El Paso, in Texas. Le autorità di Fort Bliss
identificarono l’uomo che la ragazza avrebbe dovuto incontrare il giorno prima
della sua morte, si chiamava Jerome M. Brown, ed era un tirocinante di
artiglieria antiaerea di Chicago. Lui sostenne di averla incontrata alla
Hollywood Canteen, il 13 giugno, per poi lasciare la California dopo pochi
giorni e quindi fare ritorno a El Paso. Quanto affermato dal ragazzo trovò
corrispondenza; mostrò anche le sei lettere ricevute da Georgette e
dimostrò di trovarsi a Camp Callan, in California,
quando la ragazza fu uccisa. La mattina del 12 ottobre 1944, Georgette pranzò con la signora Rose L. Gilbert, una
segretaria di suo padre. Poi acquistarono
qualcosa in alcuni negozi e la
Gilbert riferì alle autorità che quel giorno la Bauerdorf fosse felice.
Verso le 23.30 circa, lasciò la Hollywood Canteen
e nell’arco delle tre ore successive venne uccisa. C’è chi sostenga che a fare
la macabra scoperta sia stata la moglie del direttore ed altri che invece sia
stato il personale addetto alle camere. Il mattino seguente la porta risultava
completamente aperta. La ragazza era in bagno, seminuda, precisamente nella
vasca, a faccia in giù, con indosso solo la parte superiore del pigiama. Una
quantità esigua di acqua calda continuava ad uscire dal rubinetto e la vasca ne
era quasi del tutto satura. Alta era la possibilità che l’assassino la stesse
aspettando: nell’ingresso esterno alla camera, una luce posta a due metri dal
pavimento era stata svitata. A quell’altezza, l’assassino, poteva arrivarci con
l’ausilio di una sedia o se fosse stato di statura molto alta. Proprio sulla
lampadina vennero trovate delle impronte digitali.
“Whoever it was had set the
stage for this horrible crime and was lying in wait for her,” said Sheriff’s
Inspector, William J Penprase.
Era stata brutalmente picchiata. Il suo corpo si
presentava pieno di lividi dalla testa all’addome, e la presa del suo carnefice
era stata talmente forte che molte impronte digitali le rimasero addosso. Lei
aveva lottato; si era difesa per evitare di essere uccisa, ma lui non demorse,
violentandola e strangolandola fino alla morte. Presentava anche un panno
pulito inserito a forza in bocca, di certo per evitare che la ragazza gridasse.
Lei avrà chiesto pietà, ma lui non ne aveva e non sapeva che i pavimenti e le
pareti degli appartamenti di quel complesso fossero insonorizzati. Chi era quell’uomo?
Aveva per caso la chiave dell’appartamento? Forse la spiava da tempo?
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