- "Il cuore è di dimensioni normali, e normale in ogni altro particolare... nel cervello si distinguono facilmente piccoli vasi congestionati non comunemente osservati. La faringe è congestionata e l'esofago è ricoperto da uno sbiancamento degli strati superficiali della mucosa con un patch di ulcerazione posto al centro. Lo stomaco è profondamente congestionato... Vi è congestione nella seconda metà del duodeno. Nello stomaco è presente sangue mescolato con cibo. Entrambi i reni sono congestionati, e nei vasi del fegato vi è un'eccessiva quantità di sangue.... la milza è sorprendentemente grande... circa 3 volte la dimensione normale... al microscopio si rileva necrosi al centro dei lobuli epatici.... emorragia gastrica acuta, vasta congestione del fegato e della milza, e congestione del cervello."
- Prima di morire aveva mangiato un pasty. Dwyer, il dottore patologo affermò: "Sono piuttosto convinto che la sua morte non possa essere stata naturale... Il veleno che ho ipotizzato era un barbiturico o un ipnotico solubile", quindi la pista dell'avvelenamento rimase l'ipotesi più accalrata, anche se il pasty non poteva averlo ucciso. A causa della mancata identificazione e nonostante le 251ª dichiarazioni di identificazione, si ritenne opportuna per la prima volta l'imbalsamazione (10 dicembre).
Il patologo John Burton Cleland, affermò che avesse tratti britannici e la sua età fosse tra i 40 e i 45 anni. Alto un 180 cm. Aveva mani curate, era in buone salute e i suoi piedi si presentavano come quelli di un danzatore, nel senso che avessero assunto una conformazione stretta in punta, come quella dei ballerini classici o uno sportivo. Anche gli abiti che indossava erano di buona fattura, ma non presentavano etichetta, né aveva un cappello, usato abitualmente dagli uomini eleganti in quel particolare periodo (1948). Eppure ci furono alcuni testimoni che affermarono di aver visto quell'uomo il 30 novembre, nello stesso punto in cui fu ritrovato. Prima ancora che morto, pensaro che si fosse addormentato perché ubriaco. Il ritrovamento di una valigia senza etichetta nella stazione di Adelaide, consegnata il 30 novembre dopo le 11:00, si pensò potesse essere dell'uomo di Somerton, perché oltre ad indumenti come vestaglie, mutande varie, vi trovarono all'interno un particolare filato arancione di marca Barbour, non reperibile in Australia, e che sembrava lo stesso utilizzato per riparare una delle tasche dei pantaloni che indossava. Molte targhette dei vestiti erano state rimosse, tranne il nome "T. Keane" su una cravatta e un portabiancheria e "Kean" senza la "e" finale su una canottiera, probabilmente lasciato per portare fuori strada rispetto al suo vero nome, ma anche perché difficili da scucire senza danneggiare l'abito. Con questa svolta, le ricerche si spostarono in Inghilterra, dove nessuno con il nome "T. Keane" risultava essere scomparso. Tutto quello che venne ritrovato nella valigia era di provenieza americana, e poiché non risultava merce importata, c'era la possibilità che l'uomo l'avessa acquistata in America o acquisita da qualcuno che ci fosse stato. Un altro particolare da non sottovalutare, era lo stato delle sue scarpe, lucidate di recente e che non potevano trovarsi in quello stato, se l'uomo era rimasto a girovagare a lungo per quei luoghi e la stessa spiaggia. Dunque, poteva esserci arrivato e scaricato dal suo assassino o assassini, dopo la reazione al presunto avvelenamento; ma anche chi avvermava di averlo visto adagiarsi su un fianco, in quel posto sulla spiaggia, dove venne ritrovato, poteva aver assistito alla sua ultima convulsione. Supporre che l'uomo fosse una spia sovietica, rimase l'ipotesi più plausibile. Eppure mi riesce difficile pensare che una spia, un traditore giustiziato venga lasciato morire e scaricato in piena luce. Sarebbe l'apoteosi dell'invisibilità del potere della paura. Tutto potrebbe girare intorno al pezzo di carta rinvenuto nei suoi pantaloni, con sopra stampate le parole "Tamam Shud", le parole risultarono essere quelle conclusive delle Rubʿayyāt, un'opera di ʿUmar Khayyām, che appunto significavano "finito", "concluso".
La polizia decise di pubblicare una copia delle Rubʿayyāt compatibile con quel pezzo di carta. Un uomo, deciso a rimanere anonimo, affermò di aver ritrovato una prima edizione estremamente rara di una traduzione di Edward FitzGerald delle Rubʿayyāt pubblicata nel 1859, proprio sul sedile posteriore della sua auto. Le analisi al microscopio, accertarono che il pezzo di carta appartenesse proprio a quel libro. Sul retro del libro c'erano anche delle annotazioni a matita: lettere maiuscole disposte su cinque righe, di cui la seconda riga barrata. La seconda riga è molto simile alla quarta, quindi è probabile che sia stata barrata in quanto errata. Queste lettere, potrebbero essere un codice segreto:
- WRGOABABD
-
MLIAOI - WTBIMPANETP
- MLIABOAIAQC
- ITTMTSAMSTGAB
Gli esami grittografici ritennero quelle scritte insufficienti per poter definire di cosa si trattasse realmente, se di uno scritto ad opera di una persona disturbata o di un vero e proprio codice complesso. Sul retro del libro, c'era anche annotato un numero telefonico, che risultò essere di un'ex infermiera ventisettenne, Jessica "Jestyn" Thomson, che abitava in Moseley Street, Glenelg, non molto lontano dal posto dove il corpo fu ritrovato. La donna riferì alla polizia che, mentre lavorava al Royal North Shore Hospital di Sydney durante la Seconda Guerra Mondiale, possedeva una copia delle Rubʿayyāt che, nel 1945, al Clifton Gardens Hotel di Sydney, aveva regalato ad un luogotenente della Sezione Trasporti Acquatici dell'esercito australiano, Alfred Boxall. Alla donna venne mostrato il calco dell''uomo di Somerton, ma non fu in grado di identificarlo, distoglieva spesso lo sguardo e se la sua reazione non convinse del tutto.
"Thomson" era il cognome di Prosper Thomson, l'uomo che "Jestyn" avrebbe sposato solo più avanti, nel 1950 (dopo il divorzio di lui dalla prima moglie), ma dal quale aveva già avuto un figlio nel 1947, Robin. Il suo cognome da nubile, era Powell. Volle rimanere anonima e la polizia decise di accontentarla, penalizzando probabilmente la pista più sensata sull'uomo misterioso. Aggiunse anche che, verso la fine del 1948, uno sconosciuto chiese di lei ad un vicino di casa, ma non c'erano prove tangibili che costui fosse Boxall, che non conosceva il cognome da sposata della donna. Tutto si frantuma irrimediabilmente, quando il vero Boxall venne ritrovato ancora vivente e conservava la copia delle Rubʿayyāt (un'edizione stampata a Sydney nel 1924) in perfette condizioni. Non conosceva l'uomo di Somerton. Si arriva tra mitomani e analogie farlocche, al novembre 2013, quando la famiglia di "Jestyn" concesse un'intervista televisiva. Kate Thomson, figlia di Jessica e Prosper, disse che la madre rivelò di aver mentito alla polizia, e di conoscere l'identità dell'uomo di Somerton, di poter parlare russo ed era simpatizzante comunista. Questo bastava per la facile conclusione che i due potessero essere stati spie al servizio dell'Unione Sovietica?! Mentre, la moglie di suo figlio Robin, credeva che l'uomo di Somerton fosse il padre naturale, cosa che solo l'esame del DNA avrebbe potuto chiarire. Kate si oppose, ritenendo la riesumazione irrispettosa per il fratello. Nel 2022, dopo 75anni di nebbia il caso, in via ufficiosa, sembra aver preso la strada della chiarificazione, grazie agli esami del DNA svolti e seguiti da Derek Abbott (professore dell'Università di Adelaide) e la genealogista statunitense Colleen Fitzpatrick. L'uomo di Somerton sarebbe Carl 'Charles' Webb, un ingegnere elettrico di Melbourne nato nel 1905. Aspettiamo la conferma ufficiale della risoluzione del mistero.
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