domenica 26 maggio 2024

PENSIERI IN PIEDI...

Maggio 26, 2023 - Maria Rosaria Cofano


E' incredibilmente doloroso constatare quanto il male ci stia annegando. Una coscienza fatica a rimanere tale. E' come un disegno più grande su uno schizzo, che scompare come piccolo pensiero senza forza. Preservate la vostra coscienza, difendetela ad ogni costo. Non lasciamoci cancellare.

domenica 11 giugno 2023

L'insostenibile leggerezza dell'essere

Giugno 11, 2023

“Un dramma umano si può esprimere con la metafora della pesantezza. Diciamo, ad esempio, che ci è caduto un fardello sulle spalle. Sopportiamo o non sopportiamo questo fardello, sprofondiamo sotto il suo peso, lottiamo con esso, perdiamo o vinciamo. Ma che cos'era successo in realtà a Sabina? Niente, aveva lasciato un uomo perché voleva lasciarlo. Lui l'aveva forse perseguitata? Aveva cercato di vendicarsi? No, il suo non era il dramma della pesantezza. Ma della leggerezza. Sulle spalle di Sabina, non era caduto un fardello, ma l'insostenibile leggerezza dell'essere.” (L'insostenibile leggerezza dell'essere (Nesnesitelná lehkost bytí) è un romanzo di Milan Kundera scritto nel 1982 e pubblicato per la prima volta in Francia nel 1984).

martedì 25 aprile 2023

Bernadette, tra scienza e miracolo

Aprile 25, 2023 - Maria Rosaria Cofano


La religione va accettata senza spiegazioni, senza la confutazione del dubbio e se poi ci mette il becco la scienza, lasciando inconfutato il dubbio, allora si grida al miracolo. Accade di guardare il sonno di una Santa, Bernadette, un riposo che sembrerebbe inspiegabile nell'accezione più sacrale del termine. Accade di porsi domande, come è giusto che sia, per quanto a noi possa giungere come dato certo e accettabile la mancata decomposizione di un corpo. Nei racconti di mia madre, il corpo di Bernadette era rimasto incorrotto dopo la morte e io, bambina sempre attratta dai racconti inspiegabili, ho creduto a quel racconto fino a quando, cercando e rispondendo in maniera razionale all'inspiegabile, ho trovato una spiegazione monca. Ma chi è Bernadette? Marie Bernarde Soubirous, detta Bernadette (Lourdes, 7 gennaio 1844 – Nevers, 16 aprile 1879), è stata una mistica e religiosa francese. Venne proclamata santa da papa Pio XI nel 1933, perché protagonista di diciotto apparizioni mariane, avvenute in una grotta del suo paese natale: la grotta di Massabielle. La Chiesa cattolica le ha riconosciute veritiere dopo esaustive analisi dei fatti e testimonianze di chi si sia reso testimone. Bernarde, all'età di 14anni affermò, nella prima visione, di aver visto una piccola "signora vestita di bianco", bellissima, in piedi in una nicchia della roccia. Nella terza apparizione le aveva chiesto di tornare alla grotta ogni giorno per quindici giorni e riferì anche che avesse un velo bianco, una cinta blu, una rosa dorata su ogni piede e tra le mani un Rosario, divenuta nota poi come Nostra Signora di Lourdes. Tutto questo ha reso Lourdes uno dei principali luoghi di pellegrinaggio cattolico. Conobbe la fame e la malattia, prima di trasferirsi definitivamente a Nevers. Visse con la famiglia nel cosiddetto cachot, una casa divenuta di proprietà di un cugino del padre, composta esclusivamente da una stanza di appena 16 m², buia e malsana, che precedentemente era stata un carcere cittadino, fatto spostare altrove per motivi di cattiva igiene. Nonostante i grandi disagi esistenziali, la famiglia viveva in un'armonia fuori dal comune. Le continue inalazioni dell'aria malsana dell''abitazione l'avevano resa fragile e asmatica. Sembrava più piccola della sua età. Pur non conoscendo il  Catechismo, in quanto analfabeta, il suo sentimento religioso era estremamente forte.

 «[...] se la Santa Vergine mi ha scelto, è perché sono la più ignorante!» dirà più tardi.


L'attenzione che attirò su di sé diventava sempre più ingestibile, tanto che decise di trasferirsi presso la scuola-convitto tenuta dalle Suore della Carità di Nevers, che le insegnarono a leggere e scrivere; poi presso il convento delle Suore della Carità di Nevers, quando aveva 22 anni, nel 1866, lavorando come  assistente nell'infermeria, come sacrestana e ricamatrice di abiti sacri. Durante un grave attacco d'asma, chiese l'acqua della sorgente di Lourdes, e i suoi sintomi regredirono fino a sparire, ma quando successivamente si ammalò di tubercolosi ossea al ginocchio destro, decise di non curarsi nello stesso modo. Morì all'età di 35 anni, il 16 aprile 1879. Dopo la sepoltura, il corpo venne esumato il 22 settembre 1909 e apparve in ottimo stato di conservazione. I dottori Jourdan, David e Comte, incaricati della riesumazione, affermarono che il corpo non avesse subito l'abituale processo di decomposizione. Jourdan e David rilevarono, tuttavia, la presenza di carbone e uno strato di sali abbastanza rilevante nella bara, attribuibile al lavaggio del corpo effettuato durante la prima esumazione. Questi dettagli fanno ipotizzare ad alcuni studiosi che il corpo di Bernadette sia stato sottoposto, prima della sepoltura, ad alcune pratiche di mummificazione che ne spiegherebbero lo stato di conservazione. Una seconda esumazione avvenne il 3 aprile 1919 , ma questa volta il corpo mostrò diversi segni di decomposizione:  la relazione del dottor Comte, ripubblicata nel 1928 sul Bulletin de l'Association Médicale de N.-D. de Lourdes, specificava che «La pelle rimane su buona parte del corpo; le unghie delle mani si sono parzialmente conservate, ma sono molto mobili; il cranio è coperto da alcuni capelli corti. Le parti molli del naso sono parzialmente distrutte». Una terza esumazione, nel 1925, in vista dell'esposizione del corpo ai fedeli, presentò altri segni di decomposizione, rendendo opportuna la modellazione di una maschera di cera colorata da apporre sul viso e sulle mani del corpo di Bernadette. Nel Bulletin de l'Association Médicale de N.-D. de Lourdes (N° 2 del 1928), il dottor Comte riferì di essere stato colpito dallo stato di conservazione del fegato, del tutto inaspettato: "Dopo 46 anni si potrebbe pensare che questo organo si sarebbe decomposto o indurito, eppure quando è stato tagliato era morbido e di consistenza quasi normale: ho fatto notare ai presenti che questo non sarebbe un fenomeno naturale". Oggi il corpo della Santa di Lourdes è esposto all'interno del convento di Saint Gildard a Nevers.  

domenica 29 gennaio 2023

Che fine ha fatto Jean Spangler?

Gennaio 29, 2023   Maria Rosaria Cofano


Gli appassionati di cinema come me, di certo non si saranno fatti mancare una esaustiva retrospettiva cinematografica italiana degli anni ’40, fino ad arrivare ai capolavori del Neorealismo. Sorvolando i film edulcorati e corretti dalla propaganda politica - insomma, quelli cari al regime - alcuni titoli hanno fatto storia, lanciando giovani registi alla loro prima prova d’autore. Talentuosi, ispirati, quasi disinteressati, che tanto mancano alla storia del cinema contemporaneo, ormai sorbito dai dettami consumistici, tra distopia, satanismi e commedie al limite del grottesco; con attori discutibili imposti dal sistema, che dovrebbero guardare e studiare Anna Magnani, l’attrice più rappresentativa di questo periodo e dal genio recitativo rimasto insuperato. Rossellini, De Sica, De Santis, Germi, Blasetti, Visconti… se non li conosci, smuovi la tua curiosità. Informati, guarda il loro contributo nella storia del cinema italiano, quello con la “C” maiuscola, l’unico capace di dargli una eco internazionale. Hanno raccontato, trasposto con grande convinzione e credibilità il dramma, l’evasione, indagato il sociale fino all’approfondimento documentaristico di un periodo di orribile e reale sofferenza. E in America? Già a partire dalla fine della Prima Guerra Mondiale (28 lug 1914 – 11 nov 1918) il grande potere economico dell’America le ha permesso di affermare la propria egemonia anche nel campo cinematografico. Si arriva agli anni ’30 e ’40 dove, con l’avvento del sonoro, alcuni generi come il noir, musical, gangster ma lo stesso western - già in larga distribuzione all’inizio del secolo -, continueranno ad essere affrontati, a trovare riscontro di pubblico, e in termini numerici di produzione, renderanno insuperata l’industria cinematografica americana, che oggi vede anche ben altri competitori, come la Cina, l’India… Sarebbe interessante approfondire i cambiamenti del cinema, la sua evoluzione stilistica, a livello di contenuti e mezzi, contestualizzando il tutto con l’innesto storico, ma questo preambolo giusto anticipa un’altra storia di cronaca, in cui mi sono imbattuta in una delle mie ricerche relative ai crimini e casi irrisolti, vuoi di omicidio, vuoi di sparizione, appunto degli anni ’40. Questo in particolare investe una lasso temporale relativo alla fine degli anni ’40. Lo scenario è quello di una Hollywood, il cui decennio d’oro sta per volgere al termine a causa  della televisione. Le star lanciate sono ormai tante e gli artisti sono più liberi nella scelta dei ruoli e produzioni, quindi meno ombellicati agli otto studi principali, divisi ovviamente per genere. Tra l’altro, proprio nel 1948, contro l’industria cinematografica americana, insomma gli studi principali, furono presentate cause antitrust. Le stelle lanciate sono tante, tante sono già finite del dimenticatoio e questa non sarà la storia patinata, pseudo sdolcinata della attricetta di turno, divenuta iconografica. E’ la storia della sparizione, della quasi sconosciuta Jean Spangler, che è stata danzatrice, attrice e modella statunitense. I suoi furono piccoli ruoli in alcuni film hollywoodiani... ma procediamo con ordine. Era nata il 2 settembre 1923 a Seattle , Washington. Frequentò la Franklin High School di Los Angeles , in California , laureandosi nel 1941. Quando era ancora una ragazzina, si esibì  nell' Earl Carroll Theatre. Nel 1942, all’età di 19 anni, sposò il produttore Dexter Benner, ma anche se chiese il divorzio solo sei mesi dopo, a causa della presunta crudeltà di lui, continuarono a frequentarsi. Ebbero una figlia, Christine (nata il 22 aprile 1944). Seguirono anni in cui entrambi lottarono per avere l’affidamento della bambina. Benner sostenne che il comportamento e l’infedeltà della moglie, la rendessero una donna poco adatta a crescere un minore. L’attrice, solo nel 1948 – un anno prima della sua scomparsa - ottenne la custodia della figlia. Si trasferì nel complesso residenziale Park La Brea vicino al Wilshire Boulevard, dove visse appunto con la figlia, la madre, il fratello e la cognata. Intorno alle 17:00 del Venerdì (7 ottobre 1949), la Spangler chiuse la porta della sua casa a Los Angeles, dopo aver lasciato la bambina con la cognata, dicendole che avrebbe dovuto incontrare l’ex marito per discutere del ritardato pagamento dell’assegno di mantenimento della figlia, ma tutto questo dopo un servizio fotografico sul set di un film. Sophie, la cognata, ricevette una telefonata, dove l’attrice le diceva che quella sera, causa impegni lavorativi, non sarebbe tornata a casa. In casa mancava anche la madre della Spangler, recatasi a Louisville per una visita alla famiglia. Il mattino seguente, quando la cognata notò ancora l’assenza della Spangler, decise di recarsi alla polizia per denunciarne la scomparsa (8 ottobre, 1949). La polizia venne informata dei suoi spostamenti e quindi come prima cosa vagliarono la sua presenza presso gli studi cinematografici, dove aveva sostenuto di essersi soffermata appunto per un servizio fotografico. Tutto ciò non venne confermato: non risultava che quella notte avesse lavorato come riferito alla cognata. Una delle commesse di un negozio di alimentari, il Farmers Market - a pochi isolati da casa sua - disse di averla vista intorno alle 18:00, come in attesa di qualcuno. La commessa fu probabilmente l’ultima ad aver visto la ragazza prima di scomparire nel nulla. Venne anche ascoltato l’ex marito, che secondo la cognata avrebbe dovuto incontrare, a causa del mancato assegno di mantenimento. Benner affermò di non averla vista per molte settimane; a conferma di ciò, intervenne anche l’attuale moglie del produttore, Lynn Lasky Benner. La Spangler sembrava sparita nel nulla, quando il 9 ottobre 1949 venne ritrovata la sua borsa, a ridosso dell’entrata di Fern Dell del Griffith Park a Los Angeles, non molto lontano da casa sua. I manici della borsa si presentava strappati, come se qualcuno gliel’avesse tirata a forza. Poteva forse trattarsi di una rapina? Improbabile quesito, poiché non c’erano soldi nella borsa, e l’attrice non portava soldi con sé quel giorno. Sophie, la cognata, lo confermò.

Nella borsetta venne trovato anche un foglio, un appunto, indirizzato ad un certo "Kirk". Diceva: 

Kirk” and read, “Can’t wait any longer. 

Going to see Dr. Scott. It will work best this way while mother is away,”

<<Kirk, non posso aspettare ancora. Vado a vedere Dr.Scott. Questa è la soluzione migliore mentre mia madre è via,»


Il messaggio si interrompeva con una virgola, come se qualcuno l’avesse distolta dalla continuazione. Molti agenti della polizia ma anche volontari, controllarono il parco. Non furono trovati altri indizi, però, il cane di un volontario iniziò a scavare in un punto, segnalando la presenza di qualcosa ed infatti, in una buca profonda, venne ritrovata un'uniforme della prigione della contea di Los Angeles. Probabilmente qualcuno si era liberato della borsa della donna, oppure le era caduta dopo una violenta colluttazione. Ma chi erano Kirk e il Dr. Scott? La polizia non riuscì a risalire alla loro identità. Sia la famiglia che gli amici, non conoscevano persone con questi nomi, però la madre della  Spangler affermò che un uomo di nome “Kirk” una volta o due accompagnò a casa la figlia, rimanendo in macchina. Furono anche contattati altri dottori di Los Angeles con cognome “Scott”, ma nessuno di loro aveva avuto in cura l’attrice. C’era stato anche un episodio increscioso con un certo “Scotty”, un Luogotenente, ma l’avvocato di famiglia affermò di non vedere l’uomo dal 1945. L’uomo in questione intrecciò una relazione con l’attrice, quando il marito venne inviato dall’esercito all’estero. Al suo ritorno scoprì che la moglie vivesse con lui e questo gli servì per avvalorare la tesi della sua infedeltà e quindi ottenere l’affidamento della bambina. La Spangler decise di troncare la relazione, e si recò dall’avvocato mostrandogli un occhio nero. Aveva paura di lasciarlo, ma doveva farlo. Questa pista stranamente venne abbandonata. Perché? C’erano tutti i presupposti di una presunta colpevolezza, ovviamente da vagliare, ma forse le amicizie potenti del Luogotenente gli avevano permesso di spostare l’attenzione da un’altra parte. Molte persone vennero ascoltate nella bolgia dei pettegolezzi, che mettevano la bella attrice al centro di un presunto aborto clandestino, poiché incinta di almeno tre mesi. Negli ambienti che era assidua frequentare, si vociferava di un fantomatico dottore, meglio conosciuto come il “Doc”, ovvero uno studente di medicina, che praticava aborti a prezzi abbordabili nel totale riserbo. C’era anche da vagliare la pista hollywoodiana. La Spangler stava interpretando un piccolo ruolo nel film Young Man with a Horn con Kirk Douglas

Che fosse proprio lui il “Kirk” del messaggio trovato nella sua borsetta? Subito arrivò la smentita dell’attore, che sostenne di trovarsi a Palm Springs quando la donna scomparve, e la polizia gli credette. Venne perquisita la sua abitazione, trovarono la sua agenda, con all’interno molti nomi importanti. Era una ragazza bellissima, che amava le feste; inserita in ambienti che pullulavano di persone conosciute e facoltose, come dirigenti hollywoodiani, attori, ma anche non si sottraeva da probabili frequentazioni di uomini legati alla malavita, e infatti molti supponevano che fosse sparita in compagnia di un gangster di Los Angeles, DaveLittle DaveyOgul. Lo storico Jon Lewis nel suo libro Hard-Boiled Hollywood: Crime and Punishment nel dopoguerra di Los Angeles, scrisse che l’attrice lavorò come ballerina al Florentine Gardens, un locale notturno di proprietà di Mark Hansen e Nils Thor Granlund, e che questo la portò a rientrare nel giro delle loro conoscenze, comprese quelle mafiose, come  Anthony Cornero, Abraham "Allen Smiley" Smickoff, Davy Ogul e Mickey Cohen. Davy Ogul tra l’altro scomparve il 9 ottobre 1949, due giorni dopo la Spangler. Ci fu anche chi sostenne di averli avvistati in Texas, in compagnia di un altro gangster: Frank Niccoli. Nel mare delle ipotesi e degli avvistamenti, la sua sparizione rimane tutt’oggi uno dei tanti misteri legati ad Hollywood e un caso aperto ancora da risolvere. Non mancò anche un'altra possibile pista, quella che la portava ad essere un'altra probabile vittima, della serie di omocidi legati all'assassino de la Dalia Nera.

mercoledì 30 novembre 2022

Il Mistero dell'uomo di Somerton, il caso Tamam Shud

Novembre 30, 2022  Maria Rosaria Cofano
 
Alcuni misteri devono rimanere misteri. Chi lo decide? Mettere insieme tanti e quasi tutti i tasselli al loro posto per arrivare a niente. Perché? Le domande che rientrano nell'ambito di un'indagine criminale, quelle per cui non arriverà mai una risposta conclusiva, tante volte finiscono in un archivio con la scritta "cold case", ad aspettare che qualcuno si ricordi di loro, quando accade qualcosa per la quale sia plausibile riaprire il caso. Tante volte il mistero rimane sepolto nella persona che lo ha generato e da chi lo ha subìto, come il caso dell'uomo di Somerton, che prende il nome dal posto in cui venne ritrovato il corpo, appunto la spiaggia di Somerton – nel sud dell'Australia - la mattina del 1º dicembre 1948. L'uomo, sdraiato sulla sabbia, a vista del mare, con il braccio destro piegato e l'altro disteso. La postura del ritrovamento non aveva niente di strano. Due sigarette: una non fumata dietro l'orecchio sinistro e l'altra, fumata per metà, trattenuta tra la guancia destra e il colletto del cappotto. Nelle tasche: alcuni biglietti, uno dell'autobus, l'altro ferroviario; un pettine di alluminio, sigarette, fiammiferi. Insomma, un fumatore senza patente?! Il caso è anche noto come Tamam Shud (o Taman Shud), che in persiano significa "finito", "concluso". La frase era parte di un pezzetto di una pagina delle poesie persiane "Rubʿayyāt" di Umar Khayyām, ritrovato in una delle sue tasche. La firma dell'assassino o la sua? Le numerose supposizioni sull'identità di questo uomo furono copiose, soprattutto perché si agitarono in un periodo storico molto delicato, ovvero quello della guerra fredda (1947). Suicidio, omicidio. Era forse una spia? Forse la disperazione per un amore non corrisposto o l'ingestibilità di una circostanza lo aveva portato al gesto estremo? Altri governi si interessarono al caso, ma nessuno lo riconobbe. Si sperava che l'analisi autoptica potesse dare delle risposte, svelarne la pista, ma tutto rimase nebuloso. Il patologo stimò la morte intorno alle 2 di mattina del 1º dicembre.
"Il cuore è di dimensioni normali, e normale in ogni altro particolare... nel cervello si distinguono facilmente piccoli vasi congestionati non comunemente osservati. La faringe è congestionata e l'esofago è ricoperto da uno sbiancamento degli strati superficiali della mucosa con un patch di ulcerazione posto al centro. Lo stomaco è profondamente congestionato... Vi è congestione nella seconda metà del duodeno. Nello stomaco è presente sangue mescolato con cibo. Entrambi i reni sono congestionati, e nei vasi del fegato vi è un'eccessiva quantità di sangue.... la milza è sorprendentemente grande... circa 3 volte la dimensione normale... al microscopio si rileva necrosi al centro dei lobuli epatici.... emorragia gastrica acuta, vasta congestione del fegato e della milza, e congestione del cervello."
Prima di morire aveva mangiato un pasty. Dwyer, il dottore patologo affermò: "Sono piuttosto convinto che la sua morte non possa essere stata naturale... Il veleno che ho ipotizzato era un barbiturico o un ipnotico solubile", quindi la pista dell'avvelenamento rimase l'ipotesi più accalrata, anche se il pasty non poteva averlo ucciso. A causa della mancata identificazione e nonostante le 251ª dichiarazioni di identificazione, si ritenne opportuna per la prima volta l'imbalsamazione (10 dicembre).

Il patologo John Burton Cleland, affermò che avesse tratti britannici e la sua età fosse tra i 40 e i 45 anni. Alto un 180 cm. Aveva mani curate, era in buone salute e i suoi piedi si presentavano come quelli di un danzatore, nel senso che avessero assunto una conformazione stretta in punta, come quella dei ballerini classici o uno sportivo. Anche gli abiti che indossava erano di buona fattura, ma non presentavano etichetta, né aveva un cappello, usato abitualmente dagli uomini eleganti in quel particolare periodo (1948). Eppure ci furono alcuni testimoni che affermarono di aver visto quell'uomo il 30 novembre, nello stesso punto in cui fu ritrovato. Prima ancora che morto, pensaro che si fosse addormentato perché ubriaco. Il ritrovamento di una valigia senza etichetta nella stazione di Adelaide, consegnata il 30 novembre dopo le 11:00, si pensò potesse essere dell'uomo di Somerton, perché oltre ad indumenti come vestaglie, mutande varie, vi trovarono all'interno un particolare filato arancione di marca Barbour, non reperibile in Australia, e che sembrava lo stesso utilizzato per riparare una delle tasche dei pantaloni che indossava. Molte targhette dei vestiti erano state rimosse, tranne il nome "T. Keane" su una cravatta e un portabiancheria e "Kean" senza la "e" finale su una canottiera, probabilmente lasciato per portare fuori strada rispetto al suo vero nome, ma anche perché difficili da scucire senza danneggiare l'abito. Con questa svolta, le ricerche si spostarono in Inghilterra, dove nessuno con il nome "T. Keane" risultava essere scomparso. Tutto quello che venne ritrovato nella valigia era di provenieza americana, e poiché non risultava merce importata, c'era la possibilità che l'uomo l'avessa acquistata in America o acquisita da qualcuno che ci fosse stato. Un altro particolare da non sottovalutare, era lo stato delle sue scarpe, lucidate di recente e che non potevano trovarsi in quello stato, se l'uomo era rimasto a girovagare a lungo per quei luoghi e la stessa spiaggia. Dunque, poteva esserci arrivato e scaricato dal suo assassino o assassini, dopo la reazione al presunto avvelenamento; ma anche chi avvermava di averlo visto adagiarsi su un fianco, in quel posto sulla spiaggia, dove venne ritrovato, poteva aver assistito alla sua ultima convulsione. Supporre che l'uomo fosse una spia sovietica, rimase l'ipotesi più plausibile. Eppure mi riesce difficile pensare che una spia, un traditore giustiziato venga lasciato morire e scaricato in piena luce. Sarebbe l'apoteosi dell'invisibilità del potere della paura. Tutto potrebbe girare intorno al pezzo di carta rinvenuto nei suoi pantaloni, con sopra stampate le parole "Tamam Shud", le parole risultarono essere quelle conclusive delle Rubʿayyāt, un'opera di ʿUmar Khayyām, che appunto significavano "finito", "concluso".

La polizia decise di pubblicare una copia delle Rubʿayyāt compatibile con quel pezzo di carta. Un uomo, deciso a rimanere anonimo, affermò di aver ritrovato una prima edizione estremamente rara di una traduzione di Edward FitzGerald delle Rubʿayyāt pubblicata nel 1859, proprio sul sedile posteriore della sua auto. Le analisi al microscopio, accertarono che il pezzo di carta appartenesse proprio a quel libro. Sul retro del libro c'erano anche delle annotazioni a matita: lettere maiuscole disposte su cinque righe, di cui la seconda riga barrata. La seconda riga è molto simile alla quarta, quindi è probabile che sia stata barrata in quanto errata. Queste lettere, potrebbero essere un codice segreto:

                                        WRGOABABD
                                        MLIAOI
                                        WTBIMPANETP
                                        MLIABOAIAQC
                                        ITTMTSAMSTGAB 

Gli esami grittografici ritennero quelle scritte insufficienti per poter definire di cosa si trattasse realmente, se di uno scritto ad opera di una persona disturbata o di un vero e proprio codice complesso. Sul retro del libro, c'era anche annotato un numero telefonico, che risultò essere di un'ex infermiera ventisettenne, Jessica "Jestyn" Thomson, che abitava in Moseley Street, Glenelg, non molto lontano dal posto dove il corpo fu ritrovato. La donna riferì alla polizia che, mentre lavorava al Royal North Shore Hospital di Sydney durante la Seconda Guerra Mondiale, possedeva una copia delle Rubʿayyāt che, nel 1945, al Clifton Gardens Hotel di Sydney, aveva regalato ad un luogotenente della Sezione Trasporti Acquatici dell'esercito australiano, Alfred Boxall. Alla donna venne mostrato il calco dell''uomo di Somerton, ma non fu in grado di identificarlo, distoglieva spesso lo sguardo e se la sua reazione non convinse del tutto.

 "Thomson" era il cognome di Prosper Thomson, l'uomo che "Jestyn" avrebbe sposato solo più avanti, nel 1950 (dopo il divorzio di lui dalla prima moglie), ma dal quale aveva già avuto un figlio nel 1947, Robin. Il suo cognome da nubile, era Powell. Volle rimanere anonima e la polizia decise di accontentarla, penalizzando probabilmente la pista più sensata sull'uomo misterioso. Aggiunse anche che, verso la fine del 1948, uno sconosciuto chiese di lei ad un vicino di casa, ma non c'erano prove tangibili che costui fosse Boxall, che non conosceva il cognome da sposata della donna. Tutto si frantuma irrimediabilmente, quando il vero Boxall venne ritrovato ancora vivente e conservava la copia delle Rubʿayyāt (un'edizione stampata a Sydney nel 1924) in perfette condizioni. Non conosceva l'uomo di Somerton. Si arriva tra mitomani e analogie farlocche, al novembre 2013, quando la famiglia di "Jestyn" concesse un'intervista televisiva. Kate Thomson, figlia di Jessica e Prosper, disse che la madre rivelò di aver mentito alla polizia, e di conoscere l'identità dell'uomo di Somerton, di poter parlare russo ed era simpatizzante comunista. Questo bastava per la facile conclusione che i due potessero essere stati spie al servizio dell'Unione Sovietica?! Mentre, la moglie di suo figlio Robin, credeva che l'uomo di Somerton fosse il padre naturale, cosa che solo l'esame del DNA avrebbe potuto chiarire. Kate si oppose, ritenendo la riesumazione irrispettosa per il fratello. Nel 2022, dopo 75anni di nebbia il caso, in via ufficiosa, sembra aver preso la strada della chiarificazione, grazie agli esami del DNA svolti e seguiti da Derek Abbott (professore dell'Università di Adelaide) e la genealogista statunitense Colleen Fitzpatrick. L'uomo di Somerton sarebbe Carl 'Charles' Webb, un ingegnere elettrico di Melbourne nato nel 1905. Aspettiamo la conferma ufficiale della risoluzione del mistero.

domenica 29 maggio 2022

The Ubiquitous Mr. Lovegrove
Brano di Dead Can Dance
 https://www.deadcandance.com/ 

I thought that you knew it all
Well you've seen it ten times before.
I thought that you had it down
With both your feet on the ground.
I love slow... slow but deep.
Feigned affections wash over me.
Dream on my dear
And renounce temporal obligations.
Dream on my dear
It's a sleep from which you may not awaken.
You build me up then you knock me down.
You play the fool while I play the clown.
We keep time to the beat of an old slave drum.
You raise my hopes then you raise the odds
You tell me that I dream too much
Now I'm serving time in disillusionment.
I don't believe you anymore... I don't believe you.
I thought that I knew it all
I'd seen all the signs before.
I thought that you were the one
In darkness my heart was won.
You build me up then you knock me down.
You play the fool while I play the clown.
We keep time to the beat of an old slave drum.
You raise my hopes then you raise the odds
You tell me that I dream too much
Now I'm serving time in a domestic graveyard.
I don't believe you anymore... I don't believe you.
Never let it be said I was untrue
I never found a home inside of you.
Never let it be said I was untrue
I gave you all my time.

lunedì 18 aprile 2022

Leonarda Cianciulli, la saponificatrice di Correggio.

Aprile 04, 2022  Maria Rosaria Cofano

Ho ricominciato a disegnare figure in posizione fetale, mi era successo lo stesso quando scrissi Nora Daren, altro periodo di grande prostrazione, ma lievemente paragonabile a quello che sto vivendo dopo la morte di mia madre. Esorcizzare il dolore attraverso la scrittura o la pittura, trovo che sia un modo possibile per corroborare il cervello, distrarlo, aiutarlo a rigenerarsi. Sono solo degli schizzi, senza la presunzione di tramutarsi in pittura. Da molto non dipingo! Ho dedicato tanto di quel tempo all'illustrazione digitale da perdere qualsiasi tipo di attrattiva per il colore proprio in senso materiale. Mi imbatto in una storia in bianco e nero, pur sempre macchiata di sangue. Il colore che manca alla faccia di Leonarda Cianciulli, in un video scovato su YT, dove il cronista la definisce “folle e delinquente”. E' una storia agghiacciante quella che mette in piedi. 

 


La osservo. La sua ordinarietà destabilizza. Il video ovviamente è datato. All'epoca, era rinchiusa nel Manicomio giudiziario di Aversa. Parla, con una consapevolezza omicida giustificata dalla superstizione. La guardi e capisci quanto possa essere pericolosa un'apparente normalità, perché capace di celare il più macabro dei segreti. Potrebbe essere tua madre, la mia. Nulla lascia pensare cosa concerti la sua testa: il compiere, con estrema precisione quel tipo di crimine che non si limiti ad uccidere, ma ancora decida di infierire sulla vittima, evolvendo e definendo il crimine stesso nella sua attuazione. Capelli canuti, raccolti con cura. Molto ordinata. Occhi scuri, sparuti e piccoli. Sdentata, semianalfabeta, carica d'enfasi inizia ad inanellare una serie di argomentazioni, che dovrebbero farci comprendere la sua “natura”, il suo “perché”. Non guarda direttamente nella telecamera. Il tono è teatrale, saturo di enfasi: sembra ripetere una storiella imparata a memoria. Forse frutto di imbeccate di avvocati con l'intento di edulcorarne la pena? Chi lo sa?! Dubbio che coinvolse anche il suo Memoriale di 700 pagine, intitolato "Confessioni di un'anima amareggiata". In una piccola stanza, tra fotografie incorniciate di giovani volti. Affabulatrice. A guardarla, non gela il sangue, per questo ancora più pericolosa. Adduce argomentazioni che, a suo avviso, giustificherebbero la pratica dell'omicidio. Perché la Cianciulli è soprattutto madre di qualcuno: di 12 figli, di cui 8 morti prematuramente. Tra maledizioni e profezie, consumata dalla superstizione, si convinse di dover difendere i 4 figli superstiti a qualsiasi costo. Per spiegare il vizio mentale, assai organizzato dell'assassina seriale, si deve andare a ritroso... e quando mai non lo si deve fare?! Leonarda nasce a Montella, un paese nell'Irpinia, il 14 aprile 1894. Quello che sappiamo di lei arriva dritto dritto dal “suo” Memoriale, e quello che non sappiamo di quest'anima amareggiatta, probabilmente se l'è portato nella tomba. Il dubbi sul suo Memoraile, sulla stesura dello stesso, sono legittimi, se si considera che avesse frequentato solo fino alla terza elementare. Il padre, Mariano Cianciulli, allevava bestiame, mentre l'avvenente madre, Serafina Marano era già vedova con due figli, e lo sposò in seconde nozze. Diventa inevitabile leggere la sua infanzia, che a volte ritorna similare a tanti come lei. I figli del disprezzo e della paura, finiscono col diventare il prolumgameto del male perpetrato dai genitori. All'età di quattordici anni, Serafina Marano, durante il viaggio di ritorno dal collegio di suore di Firenze, conosce Salvatore Di Nolfi, che l'avrebbe rapita e violentata. Dunque il matrimonio riparatore e la gravidanza odiata, dalla quale nascerà Leonarda. Tale tesi è sostenuta da alcuni e smentita da altri, anche perché la Cianciulli era l'ultima dei sei figli non la prima. Racconterà della sua inclinazione alla morte, tentando di suicidarsi varie volte.

«Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l'altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l'intenzione di morire, e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla».

Diventa quasi scontato pensare a come potesse sentirsi indesiderata, sbagliata; eppure non ci sono fonti certe di quanto sostenga e racconti, prove inconfutabili una infanzia disgraziata e infelice. Soffriva di epilessia. I tentativi di suicidio sono quelli avvenuti nel 1941 nelle carceri giudiziarie di Reggio Emilia. Era una donna annebbiata da subdole credenze e feroci maledizioni, che iniziarono a deviare la sua mente, quando sostenne di essere stata appunto maledetta dalla madre in punto di morte, alla vigilia del suo matrimonio con Raffaele Pansardi, avvenuto nel 1917, all'età di 23 anni. Per lei la famiglia aveva scelto un altro marito, che tra l'altro le era anche cugino (si apprende dal suo Memoriale). Si allontanò definitivamente dalla madre, e la perdita di 8 dei suoi 12 figli, rese il suo dolore connotato di sfortuna, una sfortuna per forza riconducibile all'odio materno. Muoverà il suo delirio trovando panacee e orribili profezie nel frequentare zingare; una delle quali le disse: «Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi», e così fu, perché le sue prime 13 gravidanze si risolsero con 3 aborti spontanei e 10 neonati morirono nelle culla. Succede poi, sempre secondo il suo Memoriale, che l'incontro con una strega del suo paese la porti a completare 4 gravidanze. I figli diventeranno la ragione di ogni cosa, da difendere ad ogni costo, da quello che si vede, ma soprattutto da quello che non si vede e si crede esistere.

«Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l'altra dalla terra nera... per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astrologia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli».

Nel 1930, a causa del terremoto del Vulture, si trasferisce con il marito a Correggio, dopo aver vissuto a Lauria, Montella e Lancedonia. Prima di arrivare all'omicidio, le voci che giravano sul suo conto non erano per niente benigne. Tanti la ritenevano una donna facile e propensa ai raggiri, e questo la porterà - nel 1912 - ad essere incriminata per furto a soli 18 anni; mentre nel 1919, a Montella, fu accusata di minaccia a mano armata (pugnale); nel 1927 fu condannata per truffa a 10 mesi e 15 giorni, scontati nel carcere di Lauria e poi in quello di Lagonegro. Aveva abbindolato, con la sua rustica favella, una povera contadina, togliendole soldi e oggetti di valore e per questo fu costretta a pagare anche una multa di 350 lire. Era furba, risoluta e sapeva come scegliere le sue vittime. Il marito era impiegato all'Ufficio del Registro, e con un misero stipendio, poco contribuiva a far quadrare i conti, ma a quello ci pensava lei, che si improvviserà chiromante, astrologa, venditrice di abiti, mobili, attività che riuscirà a mettere in piedi grazie anche ai risarcimenti devoluti alle vittime del sisma del Vulture. Raggira donne benestanti, sole, desiderose di riscattarsi e trovare conforto; le invita a casa, cucina per loro, si mostra accogliente. Il marito, debole e di sicuro incapace di gestire una mente diabolica come la sua, troverà più facile comprensione nel vino, fino a lasciarla nel 1939, con l'inizio della prima guerra mondiale. Il funambolesco teatro di menzogne, messo in piedi circuendo e imbonendo la sofferenza, l'infelicità altrui, si complica irrimediabilmente, quando uno dei suoi figli, quello più grande, il prediletto, ormai adulto e iscritto all'Università, rischierà la chiamata alle armi. Solo la magia le darà la forza di affrontare quel delirio. La sua mente criminale, annebbiata dall'orrore della paura di perderlo in guerra, arriva al parossismo attraverso un sogno, in cui prenderà atto che solo attraverso il sacrificio umano, solo attraverso la morte di altri, preserverà la vita del figlio. Dirà ai giudici che nel sogno fu proprio la madre a consigliarle un tale abominevole scambio. Tre donne, che erano solite recarsi a casa della Cianciulli, spariscono. Le voci la vogliono colpevole, ma lei respinge qualsiasi tipo di illazione. Albertina Fanti parente di Virginia Cacioppo, una delle donne scomparse, appunto ne denucia la scomparsa al questore di Reggio Emilia. Il caso verrà affidato al commissario Serrao. Un Buono del Tesoro appartenente alla Cacioppo, presentato al Banco di San Prospero dal parroco Adelmo Frattini, diventa una traccia fattibile per la risoluzione della scomparsa; infatti il prete affermò di aver ricevuto il buono da Abelardo Spinabelli, amico della Cianciulli, il quale disse di averlo ricevuto proprio dalla Cianciulli come saldo di un debito. Viste le diverse persone coinvolte, poteva trattarsi di un'associazione per delinquere: la Cianciulli, il prete, Abelardo Spinabelli e anche il figlio, che inviò diverse lettere da Piacenza, fingendo di essere la vittima; anche si occupò di far lavare alcuni vestiti riconducibili alle donne scomparse. I sospetti sul prete e Spinabelli caddero, rimasero in piedi solo quelli sulla Cianciulli e figlio, che scontò cinque anni di reclusione e poi rilasciato per insufficienza di prove. La donna giurò di essere l'unica colpevole, quindi lo scagionò. Gli omicidi ebbero luogo dal 1939 al 1940-41. Dirà: 

«Non ho ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre». 

Arriva alla completa confessione dopo diverse ore di interrogatorio. La Cacioppo affermò di averla uccisa con la complicità di Spinarelli. Alcune parti del cadavere vennero sottoposte a saponificazione, ovvero bollivano in un pentolone pieno di soda caustica portato a 300 gradi, per poi creare saponette con l'allume di rocca e la pece greca; altre, buttate nel canale di Correggio. Una parte del sangue lo mischiava al latte e il cioccolato per farne dei biscotti, che poi dava da mangiare ai figli, sicura che quella pratica li avrebbe resi immortali, dunque l'identificazione con la dea Teti, perché entrambe volevano salvare dalla morte i propri figli. Mancavano all'appello le altre due donne. La sua reticenza alla confessione si inclinò, rivelando le atroci sofferenze delle povere sventurate e i reperti trovati a casa sua, come la dentiera, il sangue e i vestiti delle vittime, la inchiodarono definitivamente. 

Le vittime: Ermelinda Faustina Setti, Francesca Clementina Soavi, Virginia Cacioppo.



Rivolgendosi all'agente di polizia Valli, che insisteva per sapere che fine avessero fatto le altre donne:

«Ebbene me le ho mangiate le mie amiche, se vuole essere mangiato anche lei, son pronta a divorarlo [...], le scomparse me le avevo mangiate una in arrosto, una a stufato, una bollita» e nelle sue memorie aggiunse: «Se sapeste cosa c'era di verità in queste parole...»

Fu dichiarata colpevole; 30 anni di reclusione, di cui i primi due da scontare in un ospedale psichiatrico e una pena di 15.000 lire. 

CORREZIONE GRAMMATICALE E SINTATTICA. EDITING...

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