Marzo 24, 2020 Maria Rosaria Cofano
Il
24 marzo del 1944, Settacinque anni fa, ci
fu l'eccidio
delle Fosse Ardeatine. I nazisti uccisero 335 italiani, in gran parte
civili, con un colpo di pistola alla nuca. Il luogo scelto per
l'esecuzione fu una cava di tufo dismessa sulla via Ardeatina, un
posto ritenuto idoneo per nascondere l'esecuzione e farla poi
fungere come fossa comune. Fu questa la conseguenza di un evento
accaduto il 23 marzo 1944, dove 17 partigiani, a Roma, fecero
esplodere un ordigno in via Rasella, al passaggio di una colonna di
militari tedeschi del reggimento "Bozen"
. A causa dell'attentato morirono 32 militari e 10 soldati nei giorni
successivi. Coinvolti anche due civili italiani. La sera stessa del
23 marzo, il comandante della polizia e dei servizi di sicurezza
tedeschi a Roma, il tenente colonnello delle SS
Herbert Kappler,
con il comandante delle forze armate della Wermacht di stanza nella
capitale, il generale Kurt
Malzer,
scelsero come azione di rappresaglia la fucilazione di dieci italiani
per ogni soldato tedesco ucciso, e che le vittime venissero scelte
tra i condannati a morte detenuti nelle prigioni di Regina Coeli e
via Tasso, ma poiché il numero dei detenuti condannati a morte non
fosse abbastanza per il numero previsto per l'esecuzione, vennero
aggiunti alla lista persone arrestate per motivi politici, altri
sospettati di aver partecipato ad azioni della Resistenza, 57
cittadini ebrei imprigionati e in attesa di essere deportati, ed
anche alcuni civili fermati per caso nelle vie di Roma. La
proposta venne approvata dal generale Eberhard
von Mackensen,- ambasciatore a Roma del Terzo Reich.
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